Anno di uscita: 2023
Sito web: https://blutband.com/ – https://www.facebook.com/Blutband/?locale=it_IT

«Ci vuole un fisico bestiale», recita una famosa canzone. E, se potessero ascoltarla, tanti protagonisti dell’arte romantico-gotica inglese le darebbero ragione.

Ad esempio, il Manfred dell’omonimo poema drammatico di Lord George Gordon Byron (17881824), già di per sé relegato in immusonito e scomodo esilio tra i selvaggi strapiombi delle Alpi, si vede pure appioppare una maledizione che lo costringe a trascorrere la sua intera esistenza privo di quiete interiore e riposo.
Lo spettro del signore feudale Alfonso nato dalla penna di Horace Walpole (17171797), invece, deve demolire con la sua mole l’intero Castello di Otranto, affinché si compia una profezia destinata a rendergli giustizia contro i suoi usurpatori. E la protagonista del dipinto “L’Incubo”, realizzato nel 1781 dall’artista svizzero ma attivo principalmente in Inghilterra Johann Heinrich Füssli (17411825) … beh, giudicate voi stessi dalla riproduzione del quadro qui di seguito…
Pensate poi che quest’opera pittorica non è neppure limitata ad unico esemplare: Füssli dipinse infatti anche un’altra versione della tela, in cui la malcapitata dormiente si ritrova oberata da un secondo demonietto, malevolo nelle fattezze come il suo predecessore.
Stiamo parlando certamente di un soggetto di fantasia che desta un’impressione profonda, perfino se rapportato ai già singolari personaggi di Manfred e Alfonso: non ci sarebbe quindi da meravigliarsi, se ispirasse a sua volta una forma di espressione creativa. C’è appunto almeno un caso di artisti contemporanei, per la precisione musicisti, che hanno preso spunto dalle due versioni “dell’Incubo” per concepire l’immagine di copertina di un proprio album.

Si tratta della band italiana Blut: un progetto che, per usare le medesime parole scelte dai suoi componenti, trova la sua autentica essenza nell’assoluta indescrivibilità di sé stesso. Le influenze del gruppo si mischiano infatti in un crogiuolo multicolore, dove è possibile riconoscere elementi come la dark wave, il gothic metal, suggestioni arabeggianti, musica elettronica, ritmi industrial, e atmosfere steampunk. Perché i Blut hanno deciso di rendere omaggio “all’Incubo” di Füssli in modo così dichiarato, tanto da citarne entrambe le versioni nelle immagini di copertina anteriore e posteriore del loro più recente album “Traum”, pubblicato nel 2023? Ci deve essere necessariamente un motivo basilare; ancor più se consideriamo che, per realizzare il proprio lavoro grafico, i membri della band hanno di fatto interpretato in prima persona il soggetto dei due quadri.
Proviamo allora ad indagare il dipinto onirico dell’artista svizzero, soffermandoci per comodità sulla sua prima versione che abbiamo incontrato, in cerca di indizi che possano spiegarne il legame concettuale con i Blut.

È chiaro che, per raggiungere questo obiettivo, dovremo per forza incontrare le domande immediatamente spontanee che ogni spettatore si pone di fronte alla sinistra scena rappresentata da Füssli sulla tela: «Qual è il fine del mostriciattolo?», «Perché tormenta la donna ritratta?». E quindi, più in generale: «Qual è il significato, concreto o metaforico, del quadro e dei tanti singolari dettagli che lo caratterizzano, come ad esempio lo spettrale equino sullo sfondo?».

Nel suo vivace saggio intitolato “Il Museo Immaginato” il compianto critico d’arte Philippe Daverio ha annotato un’osservazione circa l’arte di Füssli che ci può essere molto utile per rispondere a queste ultime domande: «… è forse il primo artista ad aver tolto il tappo dal subcosciente e lasciato scappare gli incubi e succubi che lì si nascondono». Una premessa di questo peso apre evidentemente la strada a miriadi di ipotesi interpretative circa “L’Incubo”. Vediamone allora insieme alcune nelle righe seguenti…
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Philippe_Daverio_in_Venice.jpg

Daverio, con la giocosità che lo caratterizzava, inventò una spiegazione conclusiva della tela particolarmente stravagante nel contesto dell’itinerario artistico del suo volume: «Il (marito) ladro minaccia la moglie… È lui l’uomo rospo seduto sulla pancia di lei svenuta e nulla potrà fare quell’asino dell’amante» … Si tratta di una chiave di lettura divertente che, anche se alleggerirebbe la tetraggine del dipinto, a malincuore accantoniamo perché basata su una voluta scherzosa assurdità.

Un’interpretazione basata invece sui soli elementi oggettivi presenti nel quadro di Füssli ci offre una conclusione più attendibile; constatiamo difatti velocemente che i personaggi raffigurati rimandano a cupi temi fantastici del folklore europeo inseriti in una crepuscolare ambientazione gotica. A dimostrazione di ciò si può osservare in primo luogo che l’aspetto e l’azione del demonietto seduto sulla donna richiamano alla mente l’incubus: un mostro noto nella tradizione inglese come reale incarnazione dei sogni angosciosi. Strettamente legata a questo essere minaccioso è poi la livida cavalcatura che compare tra i tendaggi sullo sfondo: essa deriva dalla figura mitologica scandinava del Mara, cioè di uno spettro che in pratica funge da mezzo di trasporto per il suo “compare” incubus verso nuovi misfatti. Il corpus di leggende che nei secoli ha riguardato i due esseri sovrannaturali citati concorda sul fatto che entrambi agiscano per malignità fine a sé stessa, e ciò sembra allora offrire una risposta rapida e definitiva alle nostre domande sia circa lo scopo del mostriciattolo rappresentato da Füssli sia riguardo il significato in generale “dell’Incubo”: il dipinto del pittore svizzero sarebbe, in sintesi, la semplice messa in scena di un racconto terrificante che ha per protagonisti personaggi-cliché privi di significati traslati o nascosti. Potremmo a buon diritto fermarci senz’altro a questa spiegazione; tuttavia, forse, qualcosa di ulteriore, di nascosto da cercare, in realtà c’è. Perché, se passiamo da un’interpretazione oggettiva della tela di Füssli ad una simbolica, troviamo una definizione diversa del quadro stesso, ancora più attendibile della precedente. Nel demonietto raffigurato si può infatti individuare la metaforica causa di uno stato psicologico inquieto. La creatura opprime la donna in un momento in cui le difese razionali sono meno attive, cioè il sonno; e ha quindi la funzione di rappresentare un qualche impulso sconvolgente che si manifesta attraverso i sogni… Quale, però?

La lista degli input ammissibili sarebbe per forza molto lunga, ma ne possiamo trovare un estratto valido e convincente proprio nei testi delle canzoni composti dai Blut per il loro album “Traum”, perché ogni brano di questo disco rappresenta un tema onirico che si può adattare perfettamente ai sussulti della dormiente di Füssli. Quella di “Traum”, può per l’appunto essere definita come un’indagine nel palpitante, polimorfico e sfuggente mondo dell’onirologia su percorsi aperti dagli studi dello psicologo Carl Gustav Jung (18751961).https://commons.wikimedia.org/wiki/File:ETH-BIB-Jung,_Carl_Gustav_(1875-1961)-Portrait-Portr_14163_(cropped).tif

Ogni traccia dell’album si spinge in uno spazio incerto, oltre il confine rassicurante della frase che ciascuno di noi ha pronunciato al termine di una notte agitata: «È stato solo un sogno». I testi dei Blut si concentrano difatti su dubbi, su ripensamenti, su tentativi di autoconvinzione, che trovano la loro origine nella reazione a impulsi diversi che affiorano durante il sonno, come ad esempio il senso di rimorso, l’ansia dovuta a una confusa premonizione, o anche il desiderio erotico proibito. Ognuno di questi stimoli può quindi nascondersi dietro le fattezze del mostriciattolo tormentatore, che ne diventa, come anticipato, il veicolo di manifestazione all’interno dello stato onirico rappresentato dalla tela dell’artista svizzero nel suo insieme.

Questa conclusione raggiunta tramite una lettura simbolica “dell’Incubo” non solo ci ha dato una risposta pienamente ammissibile alle domande sul fine del demonietto e sul senso generale del dipinto che abbiamo esaminato, ma ci ha anche offerto l’identificazione del nesso concettuale che unisce “Traum” e la tela di Füssli; e di fronte ad un collegamento tematico così profondo, la scelta della band di impersonare direttamente i personaggi ritratti nel quadro diventa quasi consequenziale: una “chiusura del cerchio”. Costruendo un gioco di parole (che forse sarebbe piaciuto a Daverio) sui molteplici significati del verbo “interpretare”, si potrebbe osservare che i Blut abbiano prima offerto verosimili interpretazioni dei temi “dell’Incubo” attraverso i testi delle loro canzoni, e poi abbiano concluso il tutto interpretando loro stessi il dipinto. Trattandosi di un’opera basata proprio sul concetto di molteplicità dei significati, in questo caso riferiti ai sogni, è da riconoscere che la band non avrebbe potuto trovare un modo più coerente per legare “Traum” alla pittura onirica di Füssli.
Paolo Crugnola

Articoli correlati:

Blut – Intervista

Blut