Anno d’uscita: 2000
Sito web: https://pearljam.com/

“Binaural” è il sesto album dei Pearl Jam e quello più sottovalutato, tanto che per la prima volta dal loro esordio non diventerà disco di platino ed effettivamente è meno celeste rispetto ai lavori precedenti, con toni più cupi e caratterizzati da un forte criticismo sociale. Anche la registrazione fu difficile per il grave problema di dipendenza del chitarrista Mike McCready da alcool e droghe e per il blocco dello scrittore che affliggeva Eddie Vedder, autore di quasi tutti i testi per il gruppo. Quando finalmente le parole arrivano sono piene di tristezza e offrono uno sguardo amaro sulla società circostante.

Immersi nel periodo delle proteste contro la World Trade Organization che nel 1999 infiammarono proprio la città di Seattle, i Pearl Jam sperimentavano una grande voglia di cambiamento, e questo si riflette nei contenuti ma anche nella impostazione generale della release rispetto a quelle precedenti.
Il disco uscì nel 2000 ad aprire un nuovo millennio con il desiderio di partire per un viaggio ribelle lungo nuove traiettorie, che li porta a molti anni luce fa, in una galassia lontana lontana…

Il titolo, “Binaural”, ha a che fare con il primo sconfinamento dei Pearl Jam in zone per loro inesplorate. Infatti per la prima volta dal loro esordio con il pluripremiato “Ten” la produzione viene affidata non a Brendan O’Brian ma a Tchad Blake, scelto dal gruppo per i suoi esperimenti con la registrazione binaurale. Questa tecnica consente la riproduzione tridimensionale del suono offrendo all’ascoltatore l’illusione di essere situato nell’ambiente della ripresa stessa dell’evento sonoro. Per ottenere questo effetto viene utilizzato un microfono molto particolare, il Neumann KU 100 “dummy head”,  esatta replica della testa umana, equipaggiata con due microfoni proprio dentro le sue “orecchie”: l’ascoltatore riceve un’impressione quasi completamente identica a quella che avrebbe avuto tenendo la sua testa ferma nella medesima posizione della testa artificiale durante la registrazione stessa, ovvero la sensazione di essere fisicamente presente alla performance originaria.
Rispetto alle tecniche convenzionali di ripresa stereofonica, la tecnica binaurale rende possibile percepire per esempio voci sussurrate vicino l’orecchio, e fu forse proprio questa caratteristica ad impedire la piena applicazione della tecnica binaurale per tutti i brani di “Binaural”. Infatti la tipologia di registrazione realizzata da Tchad Blake risulterà adatta solo per le canzoni più lente come “Nothing As It Seems” e “Bee Girl” mentre per i pezzi più rock venne richiamato in servizio il fedele Brendan O’Brian.

La voglia di esplorare nuovi territori trova invece piena realizzazione nell’artwork scelto per la copertina e per i contenuti interni del full-length, che utilizza (con il permesso della NASA) le incredibili immagini delle nebulose, rese in quel periodo disponibili dal telescopio spaziale Hubble (Hubble Space Telescope, o HST), lanciato in orbita nel 1990.
Questa scelta estetica viene fatta in coerenza con la particolare tecnica di registrazione. Come spiega Jeff Ament: «Il motivo per cui abbiamo chiamato Tchad Blake è che lui dà alle canzoni un’atmosfera sorprendente…Perciò abbiamo voluto che il lavoro grafico esprimesse questo… Uno dei temi che abbiamo esplorato era la consapevolezza che nel grande schema delle cose anche la musica che facciamo quando siamo insieme, non importa quanto potente possa essere, è sempre una cosa parecchio minuscola. Penso che per me il tema dello spazio ha molto a che fare con il mettere le cose in scala. Sai, guardi alcune di quelle foto e ci sono tredici anni luce in quattro centimetri in quello scatto» Il telescopio Hubble, avendo l’orbita esterna  fuori dalla distorsione dell’atmosfera terrestre, riesce ad ottenere immagini a risoluzione estremamente elevata rispetto a quello dei telescopi presenti sulla Terra e ha potuto registrare alcune delle più dettagliate immagini nella luce visibile, permettendo una visuale profonda nello spazio e nel tempo. Molte osservazioni dell’HST ebbero dei riscontri in astrofisica, per esempio determinando accuratamente il tasso di espansione dell’Universo.

L’immagine riprodotta sulla copertina di “Binaural” è una fotografia leggermente modificata della nebulosa planetaria MyCn 18, meglio nota come Nebulosa della Clessidra (Hourglass Nebula), una giovane nebulosa planetaria che si trova a 8000 anni luce di distanza dalla Terra ed è ciò che resta di una stella grande quanto il Sole che sta lentamente morendo eiettando gas.
La figura perfettamente geometrica con un gioco di prospettiva dovuto alla nostra posizione rispetto alla nebulosa ci restituisce la suggestiva immagine di un occhio che ci scruta dal cosmo mentre la forma a clessidra è prodotta dall’espansione di un vento stellare entro una nuvola in lenta espansione, più densa all’equatore che ai poli. I colori vividi sono il risultato dell’espulsione di diversi “gusci” di elementi dalla stella morente (elio, nitrogeno, ossigeno e carbone). Nel booklet dell’album si trovano le immagini di altre nebulose fotografate da Hubble, tra cui la Nebulosa Elica anch’essa una stella morente e con struttura simile ad un occhio azzurro.
Questa sorta di occhio, un singolo occhio dalla pupilla azzurrissima, risulta essere un tema ricorrente negli artwork dei Pearl Jam lungo il corso degli anni, ma il suo significato sembra modificarsi nel tempo marcando un cambiamento nella prospettiva con cui si guarda alle cose. Presente a livello grafico per la prima volta nel booklet interno alla release del 1996 “Vitalogy”, con l’immagine di un orecchio e un occhio di Eddie Vedder sovrapposti ad una sua radiografia, come fosse un corpo sezionato sul tavolo anatomico o un’illustrazione del manuale di pseudomedicina al quale il disco si ispira, ritorna poi nel successivo album “No Code” del 1998, dove numerosi occhi sono disseminati qua e là nel caleidoscopio di Polaroid che ricopre la copertina.
In queste raccolte di inediti, uscite in piena era grunge, si respira il senso di pressione avvertito dal gruppo dopo la tragica morte di Kurt Cobain e la dimensione paranoica vissuta in particolare da Eddie Vedder per cui l’occhio sembra essere da una parte espressione delle proprie emozioni e dall’altra simbolo della sensazione di essere continuamente osservati, spiati e sezionati dai media. L’ingresso nel nuovo millennio fu siglato per i Pearl Jam dalla tragedia avvenuta durante il loro concerto di Roskilde, proprio nel 2000, in cui 9 ragazzi vennero schiacciati dalla folla e il gruppo dovette assistere impotente a quanto stava succedendo proprio davanti ai loro occhi. Gli occhi, appunto, costretti a guardare una realtà insopportabile.
Un punto di non ritorno, un diventare improvvisamente adulti e responsabili. L’occhio di “Binaural” che scruta dallo spazio e nel 2016 il grande occhio con il fulmine sulla cover di “Lightning Bolt”, realizzata dal grafico Don Pendleton, e poi ancora nel 2020 nel video girato per il singolo “Dance of Clayrvoyants”, dall’album “Gigaton”, la sequenza iniziale con un suggestivo zoom all’interno di una pupilla (ancora l’occhio di Vedder…) all’interno della quale si ritrova proprio l’immensità dello spazio cosmico.
In tutte queste rappresentazioni l’occhio simboleggia lo sguardo sull’Universo e sul mondo circostante più che dentro di sé, con la consapevolezza che esiste qualcosa oltre il piccolo quotidiano egoistico mondo umano. E diventa lo sguardo che non è più possibile distogliere dai problemi del mondo, dalle guerre, dal degrado sociale e ambientale, il simbolo della testimonianza che l’artista sente di dover portare nel suo racconto.

Il tema grafico dell’occhio inscritto in una sorta di forma geometrica (la struttura a clessidra della nebulosa sulla cover del disco) riporta alla iconografia cristiana: fin dall’antichità l’occhio era un modo per rappresentare Dio, e solo a partire dal Rinascimento venne disegnato dentro un triangolo, con riferimento al mistero della Trinità. L’Occhio della Provvidenza, racchiuso all’interno di un triangolo, compare nella iconografia standard dei massoni ed è presente nel rovescio dello stemma degli Stati Uniti d’America, come anche sulle banconote da un dollaro e anche questa simbologia trova un riferimento nell’artwork dei Pearl Jam, perché è quello che si può vedere squadernando la copertina componibile dell’album “No Code”, riprodotta nella foto sopra.
La struttura della nebulosa clessidra rappresentata sul front di “Binaural” richiama anche un riferimento letterario e cinematografico: nel romanzo fantasy “Il Signore degli Anelli”,  J.R Tolkien identifica il personaggio di Sauron, l’Oscuro Signore del Reame di Mordor con il simbolo del Grande Occhio infuocato la cui sola vista provoca grande terrore: «I contorni dell’Occhio erano di fuoco, mentre nel globo vitreo della cornea gialla e felina, vigile e penetrante, si apriva, nel buio di un abisso, la fessura nera della pupilla come una finestra sul nulla». Nell’adattamento cinematografico realizzato da Peter Jackson l’Occhio di Sauron viene mostrato come un grande occhio, senza palpebre, avvolto nelle fiamme e inscritto in una mezzaluna rovesciata.
I riferimenti allo spazio nel mondo nella musica rock abbondano, a partire dagli Anni’60 e inizio ’70 con sonorità e testi che abbinano i trip lisergici con i viaggi spaziali (Pink Floyd, David Bowie,  HawkwindThe Who), e riprese a fine Anni’70 da diversi musicisti vicini al genere disco (Rockets , Parliament/Funkadelic, Dee D. Jackson). L’ispirazione principale a cui si attinge, a livello grafico e di contenuti, è la fantascienza più che la scienza: più “2001 Odissea nello spazio” che la NASA

Per trovare invece un riferimento scientifico analogo a quello di Binaural nell’ambito musicale bisogna citare l’iconica cover di “Unknown Pleasures” dei Joy Division uscito nel 1979: il diagramma bianco che si staglia su fondo completamente nero  rappresenta l’insieme delle onde radio emesse da un pulsar, una stella di neutroni, che muovendosi emette una serie di radiazioni elettromagnetiche captate dai telescopi radio.
Il disegno, contenuto in un libro di astronomia, colpì l’attenzione del chitarrista della band, Bernard Sumner, che era solito trascorrere la pausa pranzo alla locale biblioteca di Manchester. Sumner passò il disegno al grafico della Factory RecordsPeter Saville, il quale pensò di invertire i colori e utilizzare un fondo nero con il diagramma bianco, ignorando la richiesta del chitarrista, lui stesso grafico, che avrebbe invece preferito il nero su fondo bianco.

Come si vede, per comprendere al meglio la copertina e la fattura stessa di “Binaural” bisogna essere un po’ nerd ed esperti di astronomia… come i protagonisti della serie TV “The Big Bang Theory”! E infatti…durante una puntata della popolare serie televisiva compare appoggiata ad una parete una riproduzione della cover di “Binaural”.
La sitcom, trasmessa dalla CBS dal 2007 al 2019, racconta in maniera ironica le vicende quotidiane di un gruppo di giovani scienziati e di come la loro condizione di nerd e geek ne influenzi i rapporti con il mondo circostante. Fuori dal lavoro il tempo libero dei quattro trascorre principalmente tra la lettura di fumetti, videogames e giochi di ruolo, e la visione di film e serie TV di fantascienza e supereroi. Il mondo nel quale vivono costituisce una intricata fusione tra scienza e fantascienza, tra lo spazio inventato di Star Wars e quello osservato con telescopi veri. In questo contesto, la citazione di Binaural, sembra essere naturale, ma in realtà il link tra la serie TV e i Pearl Jam va oltre questo piccolo cameo.
Infatti la maggior parte delle t-shirts indossate dai protagonisti lungo le 12 stagioni sono state prodotte dalla Ames Bros, società di design e illustrazione di Seattle il cui proprietario è Barry Ament, fratello di Jeff Ament!
Alla fine i conti tornano, come in uno dei complicati teoremi dimostrati alla lavagna dagli scienziati protagonisti di “The Big Bang Theory”!
Federica Vitelli

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