Anno d’uscita: 2018
Sito web: https://fatoumatadiawara.com/en/

Da diversi anni la musica dell’Africa Occidentale, in particolare del Mali, sta registrando una discreta diffusione in Europa. Già presente a livello mainstream in Francia dal secolo scorso, negli anni Dieci del 2000 l’Afro Pop maliano ha conosciuto una buona fama anche nel nostro Paese. Tra le interpreti maliane più amate in Italia c’è Fatoumata Diawara, che sulle sponde del Lago di Como ha trovato casa e l’amore.
Nata in Costa D’Avorio nel 1982, la Diawara è cresciuta in Mali, poi si è trasferita in Francia e infine è arrivata da noi. I suoi due Continenti sono impressi sulla copertina del suo album del 2018 “Fenfo”. In lingua bamabara “Fenfo” significa “qualcosa da dire”, come spiega bene la traduzione in inglese “Something to Say” posto sotto il titolo del disco.

Fatoumata ha qualcosa da dire e molto ha già detto. Il suo argomento centrale è la donna, in particolare la donna dell’Africa. Nel disco d’esordio “Fatou” aveva denunciato le mutilazioni genitali femminili con la canzone “Boloko”, in “Fenfo” la Diawara racconta sé stessa, donna di due mondi distanti geograficamente e culturalmente.

Sulla copertina la cantautrice si presenta come una diva, se non una regina del deserto. Il paesaggio che vediamo è difatti desertico. Si tratta del Deserto del Sahara, che copre tutta la parte settentrionale del suo Mali. Noi italiani quando si parla di Sahara pensiamo subito a una serie di dune di sabbia. Quello è l’erg, il tipico deserto sabbioso, che possiamo trovare nel cuore del Sahara. Verso i suoi margini, specie nella sua parte occidentale, il Sahara è perlopiù hammada o serir. Si tratta di deserti contraddistinti da terreni rocciosi, aridi e brulli, come quello che vediamo in copertina. Fatoumata viene dai margini del deserto, quello subito a nord del fiume Niger, quello che avanza lentamente verso la parte meridionale del Mali, dove vive la stragrande maggioranza della sua popolazione. Proprio a sud del più grande deserto del mondo si trova Bamako, capitale del Mali e della produzione musicale dell’Africa Occidentale.
Tra Bamako e Como, passando per Parigi, troviamo una splendida donna nera di pelle e rossa nell’abito. Fatoumata Diawara si presenta al suo pubblico senza falsa modestia. Sembra lontano il 2011, anno in cui la cantante esordì con un artwork dall’immagine molto più modesta e molto più popolare.
L’artista maliana non vuole certo “tirarsela”, ma contestualizzare la sua storia e il suo voler farsi portatrice di problematiche e sentimenti che a nord del Sahara non si conoscono o si fa fatica a capire. Quasi presentandosi come Madonna nel videoclip di “Frozen”, Fatoumata indossa un lungo ed elegante abito rosso (quello della cantante italoamericana era nero). Il rosso contraddistingue la passione, elemento chiave delle canzoni presenti in “Fenfo”, dove si spazia dalla world music al rap, con al centro l’Afro Pop e strumenti musicali tipici del Mali come il kora e il ngoni. La musica popolare maliana ha una sua principessa, il cui corpo viene arricchito da collane tipiche e bracciali dorati. Anche i capelli sono avvolti da una fascia dello stesso colore, che dà vita a un fine chignon.

L’abito potrebbe essere africano come europeo, questo a indicare le due differenti aree di influenza culturale e musicale della cantante. La Diawara spazia tra le diverse sonorità e gli argomenti più disparati. Pure l’italianissima pasta viene tirata in ballo, a dire dell’autrice cotta troppo al dente. Essendosi trasferita a Como, Fatoumata non avrà problemi: è risaputo che nella Lombardia Settentrionale la pasta viene mediamente lasciata a bollire un paio di minuti in più rispetto al corretto tempo di cottura.

Altro elemento presente nell’immagine, anche se invisibile, è il vento. La dura aria secca, calda di giorno e fredda di notte, che soffia sul Sahara, fa volare la mantella dell’abito della Diawara. Lei sembra non interessarsene, da donna abituata a quel vento che scompone e che fa ballare gli abiti. Se questi ballano per il vento, i corpi ballano per la musica. E in “Fenfo” i pezzi ballabili abbondano.
Leonardo Marzorati

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