Anno d’uscita: 1930
Regia: Lewis Milestone

Il primo grande kolossal bellico della storia del cinema ci ha regalato tante immagini, una su tutte è quella della sua locandina. Parliamo di “All’Ovest niente di nuovo”, capolavoro del 1930 di Lewis Milestone.
Ebreo russo emigrato negli Stati Uniti (il suo vero nome era Leib Milstein), Milestone ha dedicato la sua carriera di regista alla denuncia degli orrori della guerra, diffondendo attraverso la settima arte il pacifismo. Il suo impegno civile si scontrerà più volte con il potere politico, fino a essere inserito nella lista nera della Commissione per attività antiamericane durante gli anni del maccartismo.

Con l’appoggio del produttore Carl Laemmle, Milestone nel 1930 realizza un film che denuncia a poco più di dieci anni dalla sua fine, gli orrori del primo conflitto mondiale. Si tratta di un lavoro imponente, ricco di scene epiche, effetti speciali e centinaia di comparse sul set.
Il poster originale dell’opera vede un libro aprirsi e dalle sue pagine uscire sagome di soldati. Non si tratta di un libro qualsiasi ma dell’opera omonima da cui è tratto il film. “All’Ovest niente di nuovo” è un romanzo storico ambientato durante la Grande Guerra scritto dal tedesco Erich Maria Remarque, che era stato soldato sul fronte dal 1914 al 1918.
Il romanzo, come la pellicola, ha per protagonisti soldati tedeschi. Se nei decenni successivi il cinema bellico statunitense celebrerà i vincitori (quantomeno fino alla guerra del Vietnam), nel 1930 il primo classico di quel genere si schiera dalla parte degli sconfitti.
Nonostante l’intervento statunitense nel 1917 a sostegno della Triplice Intesa, negli Anni Venti e Trenta la Grande Guerra, percepita oltreoceano come conflitto europeo, non ha buoni e cattivi. Per l’opinione pubblica i popoli europei si sono massacrati lungo le varie trincee senza invasori e invasi. Non c’è un Adolf Hitler responsabile massimo dei massacri. I tedeschi stessi, per quanto sconfitti, non sono percepiti come i “cattivi” e quindi il cinema americano può raccontare la Storia mettendosi tranquillamente dalla loro parte.

Sulla copertina del libro vediamo un primo piano del protagonista, interpretato dall’attore Lew Ayres, con in testa il tipico elmetto dell’esercito tedesco. L’opera di Remarque è difatti tutta ambientata sul fronte franco-tedesco. Sulla sinistra del manifesto, attorno al tomo, vediamo cannoni, fanti e cavalieri pronti alla battaglia. Escono dalle pagine e puntano dritto il nemico. Lo scontro è in atto. Sulla parte destra dell’affiche i soldati stanno sull’attenti con le baionette in spalla.

Sul cielo terso compare in rosso il titolo dell’opera e sotto i nomi di produttore e regista. Curiosamente il nome del primo è in caratteri più grandi rispetto a quello del secondo. Nel 1930 Carl Laemmle è un’istituzione a Hollywood
Si tratta di uno dei produttori più all’avanguardia e più coraggiosi della storia del cinema. Negli Anni Venti si era impegnato a diffondere il cinema horror, portando negli USA elementi dell’espressionismo tedesco. All’inizio del decennio successivo si rimette in gioco, mettendo mano al portafogli per un lavoro dispendioso, innovativo e non certo dal successo garantito. Per sua fortuna “All’Ovest niente di nuovo” farà breccia nelle sale cinematografiche e anche il regista, all’epoca non ancora celebre, diventerà una star.
Il film denuncia la guerra e le sue assurdità. Il protagonista si interroga su che senso abbia sparare a dei suoi coetanei francesi di cui potrebbe essere anche amico. Il messaggio pacifista di Lewistone in Italia si scontra chiaramente con la retorica del regime fascista e la pellicola verrà vietata. Bisognerà aspettare il 1956 per vedere proiettato nelle nostre sale “All’Ovest niente di nuovo”.
Sono passati 26 anni dall’uscita del lungometraggio. Il mondo è cambiato e di guerra mondiale ce n’è stata una seconda, ancora più cruenta e folle della prima. La nuova locandina per il mercato italiano vede al centro della scena due elmetti abbandonati a terra, uno tedesco e l’altro francese.
Siamo sul campo di battaglia. Il ricordo della Seconda Guerra Mondiale è ancora forte e i brandelli di filo spinato ce lo fanno capire. Non si vedono uomini, ad eccezione di un braccio in ombra la cui mano impugna una baionetta.

Nel 1930 il pubblico era accorso nelle sale per vedere i soldati, le sparatorie, le cannonate e i tanti morti sul campo. In pochi pensavano che un orrore simile si sarebbe ripetuto. Il manifesto originale ci fa capire fin da subito cosa apparirà sul grande schermo. Il messaggio dell’opera è pacifista, ma il cartellone mette in primo piano la guerra con tutta la sua retorica. N
Nel poster italiano del 1956 c’è invece desolazione, come se le grandi scene belliche fossero un evento da rimuovere. Gli spettatori italiani hanno visto poco più di un decennio prima bombe sganciate sulle loro case, parenti e amici morti in Patria o in terre lontane. Non c’è nulla da celebrare nella guerra. Anche il cielo passa dall’azzurro del 1930 al rosso.
Un quarto di secolo dopo lo stesso film torna nei cinema con una locandina dal significato completamente mutato. Si parla del «più potente film mai realizzato fino ad oggi», ma la potenza sta nel messaggio e non nelle stupende scenografie curate da Charles D. Hall. “All’Ovest niente di nuovo” apre la strada ai kolossal di guerra, ma è il suo insegnamento pacifista, purtroppo non ascoltato, ad aver condizionato nei decenni successivi generazioni di cineasti.
Leonardo Marzorati