Anno d’uscita:2009
Sito web: https://www.coldplay.com/
“Viva la Vida”, uscito nel 2009, è il quarto album dei Coldplay. A scorrere in sequenza tutte le loro copertine, mi colpisce proprio il ricorrere della rotondità: dalla sfera luminosa e perfetta di un mappamondo (yellow, appunto…) del primo LP “Parachutes”. Seguono tre dischi dove la rotondità viene gradualmente smorzata: “A Rush of Blood to the Head” con un’immagine che utilizza la tecnica dello scanner 3D per rappresentare la sezione del busto di un modello privo di faccia, con forme comunque ancora morbide e accattivanti. I due album successivi suggeriscono, a livello di artwork, una voglia di rassicurare meno: sulla copertina di “X&Y” compare un pattern colorato, apparentemente un omaggio al videogioco Tetris ma in realtà un riferimento ad un vecchio set di caratteri utilizzato per le comunicazioni telegrafiche. Qui domina lo spigolo, la rassicurante forma sferica si fa quadrato. “Viva la Vida”, come vedremo, a livello grafico si scosta da ogni riferimento precedente. Tutto il resto della discografia dei Coldplay rientra nei binari di rassicurante morbidezza, una tensione verso il paradiso che passa attraverso le soffici ali d’angelo sul fondo del cielo in “Ghost Stories” disposte in modo da ricordare un cuore, poi nello stile di “A Head Full of Dreams” il “fiore della vita” costituito da tanti cerchi e contornato da un caleidoscopio colorato. E infine nel loro ultimo disco, del 2019, il raggiungimento delle sfere celesti… “The Music of the Spheres”.
In tutta questa sequenza a spiccare per la totale diversità è proprio la copertina di “Viva la Vida”, anche l’unica in cui compaiono figure umane. Sul piano musicale secondo la critica questo disco marca un cambio di rotta rispetto ai primi due album, nel senso di arrendendosi a ad uno stile poco personale, in linea con le tendenze pop prevalenti in quel periodo. Sul piano dell’opera, al contrario, l’intera concezione grafica di questo lavoro richiama i concetti di taglio col passato, rivoluzione, protesta… si potrebbe dire un’attitudine quasi punk. Due sono i perni intorno ai quali è costruita la copertina: vita e arte. Arte che celebra la vita, vita che celebra l’arte, il gesto rivoluzionario e la resistenza alle avversità. Per il titolo Chris Martin, cantante e leader dei Coldplay, fu colpito dalla frase “Viva la Vida”, scritta nel quadro che Frida Kahlo dipinse otto giorni prima di morire: «Lei è sopravvissuta alla poliomielite, ad una spina dorsale rotta e un male cronico per decenni.
Ha avuto un sacco di problemi e poi ha iniziato questo grande quadro a casa sua che diceva “viva la vida”. Mi è piaciuta questa audacia». In realtà il titolo completo dell’album sarebbe “Viva la Vida or Death and All His Friends”.
Per quanto riguarda l’immagine, il design è realizzato dai Coldplay stessi con Tappin Gofton, autore anche della copertina di “X&Y” (non a caso la copertina “geometrica”, che rompeva l’archetipo della rotondità…). Il design si sviluppò da una serie di schizzi e dipinti su caratteri tipografici: testi e titoli dei brani vennero dipinti sulle superfici di antiche mappe, libri, copie di vecchi dipinti, giornali e vari oggetti di seconda mano… quasi un richiamo alla guerrilla art alla Bansky.
Il risultato fu fotografato e vennero aggiunti alcuni caratteri tipografici al computer. All’interno del disco ogni brano è accompagnato da un dipinto realizzato da ciascun membro della band.
L’immagine riprodotta sulla cover è “La Liberté guidant le peuple”, un quadro olio su tela di Eugène Delacroix conservato nel museo del Louvre. Qui il pittore volle immortalare le cosiddette “Tre Gloriose Giornate” dal 27 al 29 luglio 1830, quando i parigini si ribellarono contro l’autorità regia e alzarono le barricate nelle strade di Parigi contro la svolta autoritaria del governo nominato dal Re Carlo X di Borbone.
La scena mostra tutte le classi sociali unite in lotta contro l’oppressore, guidate dalla personificazione speciale della Francia, Marianne, colta nell’attimo in cui avanza sulla barricata, sventolando con la mano destra il tricolore francese. Indossa abiti contemporanei e anche un berretto frigio, assunto come simbolo dell’idea repubblicana dai rivoluzionari già nel 1789, ha il seno scoperto e i piedi nudi (ed è realistica sino alla peluria sotto le ascelle, particolare che non fu apprezzato dai contemporanei!). Per la figura di Marianne Delacroix si ispirò alla Venere di Milo, mentre dal dipinto “La zattera della Medusa” di Théodore Géricault, riprese la composizione piramidale e i particolari dei due uomini riversi in primo piano e del calzino sfilato del popolano sulla sinistra.
Se però il quadro di Géricault rispecchiava lo sconforto e la disperazione dei Francesi dopo il tramonto dell’epopea napoleonica, l’opera di Delacroix presenta una visione ottimistica di un futuro nelle mani della forza popolare con tutta l’energia della gioventù in marcia verso un futuro migliore. Secondo il critico d’arte Giulio Carlo Argan «Ricalcando lo schema compositivo della zattera, Delacroix lo rovescia. Inverte la posizione dei due morti in primo piano, e questo non è molto importante; ma inverte anche la direzione del moto delle masse, che nella zattera va dall’avanti all’indietro, nella Libertà viene in avanti, si precipita verso lo spettatore, lo prende di petto, gli rivolge un discorso concitato»
A rappresentare in copertina “La zattera della Medusa” ci ha pensato il gruppo irlandese folk-punk The Pogues, per il loro album “Rum, Sodomy and the Lash”.
Qui si può vedere che il quadro originario è stato ritoccato, inserendo i volti dei membri del gruppo su alcuni corpi raffigurati nel dipinto. Anche l’artwork dei Coldplay presenta un intervento, ma mentre i Pogues si permettevano una piccola scherzosa personalizzazione del dipinto sul tema piratesco del loro disco, i Coldplay sovrappongono decisamente all’opera la scritta “Viva la Vida” come un graffito brutalmente tracciato sopra un affissione per strada, e compaiono anche alcuni schizzi di vernice bianca, a suggerire ancora di più l’apparenza di un atto vandalico simile ai gesti di protesta in cui si getta vernice su capolavori nei musei o sugli edifici storici. Ma alla fine questo apparente vandalismo rispetta la linea rivoluzionaria richiamata proprio dal dipinto: si tratta in realtà di reinterpretare il concetto di rivoluzione declinandolo secondo il moderno linguaggio della guerrilla art alla Bansky. La voglia di cambiare, l’impeto punk di distruggere, di far tabula rasa per ripartire con un nuovo mondo è alla fine la stessa che Eugène Delacroix ha cercato di fissare nel suo quadro.
Come detto all’inizio il titolo “Viva la Vida” è stato ispirato dalla la figura tragica ma vitalissima della pittrice messicana Frida Kahlo. La Kahlo, nata nel 1907 e morta 1953 a soli 47 anni, oltre ad essere stata affetta dalla poliomelite fin dalla nascita fu segnata per la vita da un incidente il 17 settembre 1925, quando, all’età di 18 anni, all’uscita di scuola salì su un autobus per tornare a casa e pochi minuti dopo rimase vittima di un incidente causato dal veicolo su cui viaggiava e un tram.
Ne uscì viva ma con la schiena spezzata in tre punti, frattura al collo del femore e alle costole, fratture multiple alla gamba sinistra riportò 11 fratture e l’anca sinistra trafitta. Dopo 32 operazioni chirurgiche uscì dall’ospedale e fu costretta ad un riposo forzato nel letto di casa, col busto ingessato. Passava il tempo a leggere e dipinse il suo primo quadro, un autoritratto il che spinse i genitori a regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo che potesse vedersi, e dei colori. Incominciò così la serie di autoritratti.
Nel 2009, lo stesso anno di “Viva la Vida” dei Coldplay, anche la band indie rock Florence + the Machine nel proprio album che non a caso si intitola “Lungs” (polmoni), omaggia Frida Kahlo in copertina attraverso la visione dei polmoni indossati da Florence Welch, più volte dipinti dalla pittrice nei suoi autoritratti. Inoltre nel disco “Ceremonials” del 2011 il titolo “What Water Gave me” fu ispirato alla cantante Florence Welch proprio dal nome di un quadro dipinto dalla pittrice messicana.
Questo dipinto raffigura il riflesso dell’acqua in un lavandino: gli eventi importanti nella vita passata, presente e futura di Frida.
Federica Vitelli