C’è ancora molto fervore ed entusiasmo che riecheggia tra i fan dopo l’uscita di “Memento Mori”. Rimanendo sul leitmotiv spirituale che suggerisce l’ultima release dei Depeche Mode, volevo collegarmi ad un altro album esteticamente molto suggestivo: “Songs Of Faith And Devotion”, uscito nel 1993 (a mio avviso un autentico capolavoro). Il disco, lo dice il titolo stesso, ha trovato una grande fonte di ispirazione nella fede e nella religione, contaminando anche il punto di vista dell’art director Anton Corbijn specialmente per quanto riguarda l’estetica del secondo singolo “Walking in My Shoes”.
Il video musicale oltre che ad essere estremamente poetico è gotico, grottesco, cupo e pieno di strani personaggi; il tutto si sviluppa in una scenografia umbratile che richiama l’inferno col purgatorio o comunque si struttura davanti ad un paesaggio tenebroso e fievolmente illuminato, in cui sono distinti solamente due colori: il rosso e il blu. È assolutamente evidente la grande influenza e intuizione collegata al lavoro figurativo del grande pittore fiammingo Hieronymus Bosch.
Nei suoi dipinti, il visionario maestro si è sempre contraddistinto per aver raffigurato soggetti deformati, ambienti stravaganti e inusuali con dissacranti rappresentazioni sardoniche di debolezze o vizi terreni, in cui non viene risparmiata nemmeno la chiesa stessa. Ha anche creato metafore di esseri umani che richiamano fisionomie animalesche e viceversa.

È dal suo tratto distintivo e unico che nasce la leggendaria allegoria dell'”uomo uccello” che pattina sul ghiaccio. Anton Corbijn ha rielaborato personalmente questa figura per la copertina, creando una sinuosa e sexy “donna uccello”. Gli stessi pattini sono messi ai piedi di un prete ed una suora che ballano in un delicata ed avvolgente danza sinuosa simulando il trasporto di due amanti.
Un’altra sottile connessione che deve aver instillato il maestro al grafico, potrebbe essere che Hieronymus Bosch fosse un seguace del nuovo movimento religioso della Devotio Moderna. Che corrisponde perfettamente al nome del full-length.

C’è un altro artista, questa volta più contemporaneo rispetto a Bosch a cui Anton Corbijn ha espresso il proprio tributo in modo apodittico; gli scatti dei musicisti e degli altri attori messi all’angolo in “Walking in My Shoes” sono perfettamente speculari all’arte di Irving Penn nel periodo fotografico dei Corner Portraits.
Lo scopo di questo concept era quello di esaltare l’umanità delle persone, “smascherando” il proprio feticcio per lasciare spazio alla autenticità ed isolandole dalla loro comfort zone, in uno spazio disadorno e senza la possibilità di essere contaminati da distrazioni.
Sara “Shifter” Pellucchi

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