Anno d’uscita: 2003
Regia: Jim Jarmusch
“Coffee and Cigarettes” è un cult-movie a episodi del 2003 diretto dal regista, sceneggiatore e musicista statunitense Jim Jarmusch, considerato come uno dei più importanti cineasti del cinema indipendente contemporaneo. Famoso per produzioni audiovisive epiche come “Dead Man” con Johnny Depp e “Ghost Dog – The Way of the Samurai” con Forest Whitaker come protagonisti, come pure per i film a episodi “Night on Earth” e appunto “Coffee and Cigarettes”, Jarmush si contraddistingue per una propria poetica cinematografica influenzata dal surrealismo francese di André Breton.
In “Coffee and Cigarettes” una serie di personaggi famosi, tra cui molti stretti collaboratori di Jarmusch, si cimentano in stravaganti chiacchiere davanti a caffè e sigarette in ambienti simili. Si tratta di undici episodi che mostrano un “evolversi” verso situazioni imbarazzanti e comiche, al limite del grottesco. Gli episodi sono stati realizzati in tempi diversi. Il primo con Roberto Benigni e Steven Wright risale addirittura al 1986 ed è stato proiettato per la prima volta nei cinema come cortometraggio a sé stante.
Lo stesso episodio interpretato dal comico italiano e lo stand-up comedian statunitense, rinominato per il film del 2003 in “Strange to meet you” (“strano incontro”) apre la sequenza dei cortometraggi, presentando con grande forza i motivi conduttori dell’opera cinematografica.
Questi motivi conduttori (in seguito chiamati anche leitmotiv) si possono riassumere come segue: i personaggi interpretano perlopiù sé stessi e giocano con “incomprensioni” che nascono nello svolgersi dei dialoghi. L’unica cosa che davvero sembra mettere d’accordo gli interlocutori è l’amore per l’atto di combinare caffè e sigarette, tanto che i personaggi in ogni episodio brindano con le tazze di caffè come se fossero bicchieri di vino o birra. L’atto di brindare si presenta dunque come una sorta d’ antìfrasi, portato “ad absurdum”: un rituale che di solito celebra l’intesa, l’armonia e l’unità di un gruppo di persone.
I temi universali della lotta tra bene e male, il buono e il cattivo appaiono in tutti gli episodi; infine, come conclusione, in genere uno degli interlocutori deve lasciare (in qualche modo e per una qualche ragione) il luogo dell’incontro. Si può concludere che lo stereotipo della piacevole conversazione con caffè e sigaretta venga smontato in maniera comica e poetica dal regista. E c’è di più: tutti gli stereotipi sembrano essere nel mirino di Jarmusch, vengono attaccati con un umore tendente all’assurdo chiamato “umore surrealista”.
Anche se Jarmusch non ritiene di fare cinema surrealista (vedi https://www.repubblica.it/venerdi/2022/01/22/news/jim_jarmush_intervista_band_squ_rl_concerti_cinema_new_york_man_ray_stefania_sandrelli-334185436/), troviamo in “Coffee and Cigarettes” un modo di stravolgere significati ed aspettative, che senza dubbio si ispirano al concetto filosofico dell’Assurdismo. Secondo l’Assurdismo il mondo manca di un significato o di uno scopo superiore e non è pienamente intelligibile dalla ragione. L’assurdo si genera nell’interazione tra universo e mente. E non è un caso che il “Manifesto Surrealista del 1924” sia conosciuto come provocatorio e divertente per le sue “formulazioni” volutamente assurde. Nel manifesto citato, i surrealisti descrivono il loro movimento artistico come un «automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale». ( http://www.didatticarte.it/Blog/wp-content/uploads/2020/09/manifesto-del-Surrealismo.pdf )
E così che nel secondo episodio di “Coffee and Cigarettes” con i gemelli afroamericani Joie Lee e Cinqué Lee “incalzati” da uno splendido Steve Buscemi in veste di cameriere logorroico, viene resa ridicola l’idea stereotipica che abbiamo dei gemelli, ovvero quella di due esseri umani praticamente indistinguibili e strettamente connessi tra loro. Qui i due non sono praticamente d’accordo su nulla, nemmeno sul fatto di essere gemelli. E che cosa comunica visivamente la locandina per indurre lo spettatore ad intuire cosa possa aspettarsi dalla pellicola?
L’affiche mostra un’immagine che, senza esserlo, si presenta come se fosse un still frame emblematico di uno degli episodi più famosi, il terzo, ovvero “Somewhere in California” (in italiano “Da qualche parte in California”). I personaggi coinvolti sono Iggy Pop e Tom Waits, due musicisti “underground” e al contempo famosissimi, che però come musicisti non figurano tra scelte possibili presenti nel Juke-Box del ristorante-bar in cui si incontrano.
L’episodio si burla di coloro che ricadono nella dipendenza dal tabacco. Dapprima i due si vantano di avere smesso di fumare. Molto rapidamente però l’idea di estrarre una sigaretta da un pacchetto dimenticato sul tavolo da un cliente precedente, diventa un’occasione irresistibile per fare un’eccezione. I ricordi legati a questa “sublime” combinazione risultano essere troppo seducenti. In seguito a un momento di grande intesa e piacevole condivisione, la chiacchierata si intoppa. Infatti l’icona del movimento punk (Iggy Pop) provoca una pesante gaffe, proponendo al cantautore e poli-strumentista (Tom Waits) di ingaggiare un batterista di sua conoscenza.
La magia di “Coffee and Cigarettes” tra i due artisti boemi amici si spezza e Iggy imbarazzato trova una scusa per andarsene. La locandina è in bianco e nero come l’intera opera audiovisiva. Si tratta di una scelta radicale e per certi versi logica, per la quale Jarmusch ha optato anche in alcune altre sue opere cinematografiche, come “Dead Man” e “Strangers in Paradise”.
Il bianco e nero è un simbolo, è dunque linguaggio. Registi o direttori della fotografia che al giorno d’oggi rinunciano a comunicare con i colori, di solito vogliono trasmettere sensazioni ben concrete. Il bianco e nero si addice a racconti che contemplano temi universali o rilevanti momenti storici del passato. Visivamente aspirano ad epicità e poesia! Anche se in fotografia la definizione tecnica giusta sarebbe “scala di grigi”, la categoria bianco e nero rimane un termine ampiamente in uso e che tutti comprendono.
Bianco e nero possono essere intesi come due opposti estremi. Sono dunque simboli di intolleranza, mancanza di compromessi, di radicalità e più astrattamente come un dialogo tra chiaro e scuro. Di fatto, in questa opera audiovisiva il colore non sembra essere di sostegno. Il film vuole porre l’attenzione su determinati temi e mettere in primo piano le conversazioni surreali e spesso conflittuali dei suoi protagonisti. Togliere il colore diventa così uno strumento per scarnire il racconto visivo da un certo punto di vista, provocando la valorizzazione e la messa in rilievo di altri aspetti. Visivamente parlando, l’assenza di colore impiegata in maniera congrua, aiuta a dare spazio ad altre figure retoriche (visive) di grande importanza, che sostengono le intenzioni della sceneggiatura (script).
Nell’immagine si nota che il set design della scena catturata dalla camera riprende ed incentiva attivamente la non-scelta “cromatica”, che è quella per la scala di grigi! Infatti il tavolo in primo piano, ha un “pattern” a scacchiera. Si tratta di una metafora visiva che si ripete in diversi altri episodi del film, ovvero “Strange to Meet You”, “Those Things’ll Kill Ya”, “No Problem”, “Jack Shows Meg His Tesla Coil” e “Delirium”.
Iggy Pop ha il torso girato, guarda dietro a sé e appoggia la testa sopra la sua mano, del suo braccio sinistro, che si appoggia con il gomito sul tavolo. La sua posa e l’espressione del viso trasmettono imbarazzo, noia e una pensierosità tendente a preoccupazione. Tom Waits guarda nella direzione di Iggy, muto, ma con aura strafottente. Entrambi tengono la mano attorno alla rispettiva tazza di caffé. La sigaretta nella mano sinistra di Tom Waits si colloca in alto a destra dell’immagine. Notevole è che il viso di Iggy è in ombra mentre quello di Tom è illuminato. A livello visivo l’immagine scelta per la locandina meglio non poteva riassumere quello che succede tra i due musicisti.
I puntini sulle “i” vengono messi con il lavoro grafico del manifesto, che riprende senza compromessi il tema della dualità in bianco e nero. Il poster viene suddiviso in una parte superiore e inferiore. La parte superiore è scura ed incorpora la fotografia in una cornice nera. La parte chiara (bianco-crema) dalla superficie sta in in basso ed è meno amplia. Il graphic-designer colloca poi il titolo del lungometraggio in grandi lettere su entrambe le parti, suddividendo visivamente a metà la scritta in bianco e in nero. “Bianco e nero”, una dichiarazione netta con poco spazio per sfumature. Ovvero “caffè e sigarette”, una combinazione che piace o non piace, e se si fa… non è detto che si debba combinarla pure con una conversazione.
Fabian von Unwerth