Anno d’uscita: 2011
Sito web: https://www.nightwish.com/

Dei Nightwish avevamo già avuto modo di parlare pubblicando le recensioni sui loro artwork “Oceanborn”, “Amaranth” e “Once”; oggi, vi racconto una nuova copertina che si affaccia anche al mondo del cinema: quella del disco “Imaginaerum”.

Per questo loro settimo album del 2011, come vocalist è stata presente Anette Olzon, la quale ha poi recitato anche nell’omonimo film, diretto da Stobe Harju. Non solo lei compare, ma anche i membri della band appaiono nella pellicola, sia come sé stessi durante l’esecuzione di alcuni brani, sia interpretando ruoli minori.
Il titolo originale del full-length sarebbe dovuto essere “Imaginarium” ma successivamente la band ha annunciato sul proprio sito ufficiale la decisione di cambiarlo in “Imaginaerum”. Un disco davvero spettacolare con arrangiamenti e direzioni di cori ed orchestre a cura del britannico Pip Williams. Così come per gli effetti visivi del film, ci si è ispirati anche per i colori ai lavori di Tim Burton, Neil Gaiman e Salvador Dalì.
Siete quindi pronti ad entrare nel tendone di questo Luna Park dove, nonostante i colori siano un po’ cupi, nel film la morale è la gioia di essere vivi e la bellezza del mondo, uno straordinario racconto sul potere dell’immaginazione e su ciò che importa davvero nella vita.

Della copertina e del booklet se ne sono occupati Janne & Gina Pitkanen, così come anche le varie locandine del lungometraggio, le quali si mantengono sullo stesso stile della copertina dell’album. Si può notare come in tutti e tre i poster proposti, l’elemento in comune siano le rotaie delle montagne russe, che richiamano il luogo indicato sulla copertina. Inoltre si gioca molto con colori sui toni del blu, che richiamano la parte onirica presente non solo nelle canzoni ma anche nel film.

Nei film di genere horror il parco giochi è per eccellenza un luogo che incute timore, coi suoi personaggi stravaganti e cupi, il più delle volte con persone che sembrano doverti tenere per sempre nel loro mondo, fatto di magia ma anche di solitudine. Probabilmente sono le maschere inquietanti di pagliacci e di saltimbanchi che ci incutono timore, perché tutto ciò deriva dai ricordi della nostra infanzia. Infatti, quando eravamo piccoli e andavamo al parco dei divertimenti, molte attrazioni prendevano il nome di “tunnel dell’orrore”, o “casa delle streghe” o ancora il “tunnel degli specchi”. Giusto per citare qualche film su questo tema ricordiamo “The Park” (film del 2003 diretto da Andrew Laue) e “Hell Fest” (film del 2018 diretto da Gregory Plotkin).
Ma da dove arriva il termine “Luna Park”? Nonostante vi è presente la parola italiana “luna”, l’origine del nome in realtà è americana. Nel 1901, a Boston, venne presentata l’attrazione “a trip to the moon” (ossia “un viaggio verso la luna”), creata da Frederic Thompson ed Elmer Dundy ed ispirata al libro di Jules Verne “Dalla terra alla luna”. Questa giostra venne poi portata a Coney Island, operativa fino al 1944 quando, distrutta da un incendio, rimase abbandonata per ben due anni prima di essere definitivamente demolita. Fu allora che il gruppo italiano Zamperla nel 2010 riportò in vita il famoso Luna Park.
Ora, immaginiamoci di voler passare una notte diversa dal solito e, da soli, ci troviamo catapultati davanti all’entrata di un Luna Park con un’insegna originale e di vecchio stampo. Vi è un’indicazione che addolcisce un po’ il tutto, con un carattere tipografico nello stile Liberty, circondata da fregi corinzi decorativi. All’entrata, sulla destra dell’artwork, vi è anche rappresentato un orologio, simbolo del tempo che scorre; forse che, una volta entrati, si ha solo un tempo calcolato per poterne uscire? (Per questo vi suggerisco di guardare il film, evitiamo spoiler!).
È una notte stellata e, sebbene le lucine dell’entrata siano accese, la luna dà uno splendore in più. Mentre ci avviciniamo con passo cauto, sopra di noi vola un dirigibile con attaccato un veliero, elemento che aiuta a rendere evidente ancora di più il genere fantasy, così come la neve ai bordi dell’entrata, simbolo di purezza per il suo colore bianco, ma anche di rinascita e di trasformazione.

Con questa copertina è come se i Nightwish ci invitassero ad entrare in questo mondo tramite una rotaia delle montagne russe che prosegue al suo interno, e sta a noi la scelta se varcare la soglia o meno. Certo è che, forse, non è molto invogliante, dato che davanti a noi è come se si parasse davanti una faccia malefica, con due occhi ed il naso illuminati, ed una bocca dal gusto cattivo.

Detto questo, decidete. Ma vi assicuro che una volta entrati, se vi piace il genere e il loro sound, non avrete più voglia di uscirne.
Antonella “Aeglos” Astori

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