Anno di uscita: 2021
Sito web:  http://www.aexylium.it

Chissà se, più di ottocento anni fa, tra un furto e l’altro ai danni del Re Giovanni, il fuorilegge Little John chiese davvero ad un menestrello «Un po’ di musica folk per me!», come è mostrato nel celebre cartone animato “Robin Hood” di Walt Disney… Un po’ improbabile; ma se fosse vero, bisognerebbe ammettere che ad oggi molte band hanno esaudito il desiderio del brigante, comprese quelle che fondono appunto il genere folk con l’heavy metal.

Se ad esempio ci soffermiamo sul panorama musicale italiano, vediamo infatti numerose formazioni che combinano chitarre elettriche e strumenti di tradizione antica, come flauti e violini, o altri ancora legati al retaggio di un’area geografica specifica, come il “baghèt” bergamasco.
Le prime uscite discografiche firmate da alcune di queste band risalgono ad almeno due decenni fa, e nel frattempo parecchi nomi nuovi hanno affiancato i veterani sulla scena che si è andata creando. Tra le formazioni di nascita più recente troviamo i lombardi Aexylium: un progetto musicale iniziato nel 2014 e arrivato oggi alla pietra miliare del secondo album, intitolato “The Fifth Season”, di cui potete vedere in apertura l’immagine di copertina.
La band conta otto elementi fin dal suo esordio su full length “Tales from this Land”; tuttavia, ci sono da considerare anche dei componenti, per così dire, “non inquadrati” che hanno a loro volta un ruolo basilare nel cammino del gruppo lombardo. Il primo nome da citare a tale proposito è quello di Ivano Morisi: un autentico mentore per gli Aexylium, ora purtroppo scomparso, che ha recitato non a caso il ruolo di un autorevole e temprato vecchio uomo nel videoclip della canzone “Tales from Nowhere” tratta da  “Tales from this Land”. (link alla recensione: https://www.artovercovers.com/2019/04/23/tales-from-this-land-aexylium/).
Altre persone che hanno contribuito in modo significativo al percorso della band sono senz’altro il tecnico del suono e produttore musicale Davide Tavecchia, e gli artisti “ospiti” su “The Fifth Season”: il cantante Samuele Faulisi del progetto musicale Atlas Pain; il Coro Facoltà di Musicologia Vocal Ensemble; e la cantante Arianna BellinasoQuest’ultima artista in particolare ha permesso agli Aexylium di ravvivare ulteriormente due brani del proprio secondo full length con la novità di parti vocali femminili, che si accostano a quelle eseguite dal cantante della band Steven Merani in una formula intesa a far risaltare l’espressività di entrambe le interpretazioni, anche attraverso il loro contrasto. Le composizioni impreziosite da questo abbinamento di voci sono intitolate, rispettivamente, “Mountains” e “The Fifth Season”, e tra poco ci soffermeremo anche sui temi dei loro testi. Prima, però, vediamo più in generale l’immaginario dipinto dagli Aexylium nelle loro canzoni, e in modo specifico nel disco “The Fifth Season”

I propositi finali di un guerriero chino dietro il suo scudo in una battaglia combattuta nel 910 d.C. tra Danesi e Anglosassoni; visioni di epica norrena tra le fronde dell’albero cosmico Yggdrasil; un urlo dalla vedetta che annuncia la scoperta del Vinland; un ricco banchetto alla corte festante di Odino; il rimuginare ossianico di una creatura intrappolata tra il crepuscolo e l’alba…
Quelli elencati fin qui sono alcuni dei soggetti tratti dal secondo full-length degli Aexylium, e gli appassionati di letteratura, storia e poesia medievale tra voi avranno probabilmente già colto in essi più di un richiamo agli argomenti che abitualmente li affascinano. Ma c’è anche un tema ulteriore che spicca nitido nell’album “The Fifth Season”: una meditazione sul valore dell’ambiente naturale che ci circonda. Questo è un concetto che trova nel folk metal la sua collocazione spontanea, perché si tratta del sottogenere nella famiglia dell’heavy metal che concretizza per eccellenza l’idea di “musica dei luoghi”. È da precisare che il termine “luogo” può avere in questo caso diverse sfumature; tuttavia il folk metal le sviluppa tutte senza eccezioni, e il secondo lavoro degli Aexylium lo dimostra. Vediamo perché…

Il “luogo” può essere anzitutto inteso nel suo significato più basilare e pratico: una località reale e definita che magari assume importanza per un fatto storico che vi è avvenuto. La canzone “Battle of Tettenhall” della band lombarda si collega proprio a questo significato, perché è dedicata al sito dove si svolse la battaglia menzionata più sopra tra un esercito danese e gli Anglosassoni di Re Edoardo il Vecchio (871 d.C. circa924 d.C.).
Una seconda accezione di “luogo” può essere di carattere più soggettivo: un bosco, una valle, pur senza forse avere un nome specifico sono talvolta spazi fisici con un “peso specifico” emozionale molto importante per chi li osserva. Pensiamo ad esempio “all’awe”, cioè al timore reverenziale che molti poeti e artisti inglesi del Periodo Romantico provavano di fronte alla maestosità delle montagne. E proprio alle cime senza tempo e ai sentimenti di elevazione spirituale che la loro vista ispira è dedicata la seconda canzone di “The Fifth Season”, cioè “Mountains”, che abbiamo già incontrato alcune righe fa.

L’ultimo significato del “luogo” che osserveremo oggi è quello più generale in assoluto: l’ambiente che circonda l’essere umano fino alle vastità più sconfinate. Portando il concetto agli estremi, si potrebbe dire addirittura vastità “cosmiche”. Se sintetizziamo per sommi capi e sbrigativamente quest’idea di “luogo infinito” con le parole “natura circostante”, sorge immediata, di conseguenza, la questione del rapporto appunto tra la natura e l’essere umano stesso; in particolare per quanto riguarda lo squilibrio attuale di questo rapporto. Gli Aexylium hanno coniato un sinonimo di tale situazione di sbilanciamento attraverso la metafora della “Quinta Stagione” che dà il titolo al loro secondo full length e all’omonima title-track. Esaminando il testo di quest’ultima, infatti, la nostra immaginazione ci fa sorgere spontaneamente nella mente un panorama desolato in cui la civiltà umana si è quasi estinta: l’essere umano è stato autore e vittima della propria rovina e del disastro naturale, e l’innaturale “Quinta Stagione” ha devastato il mondo.

L’artista grafico Jan Yrlund ha evidentemente concepito a sua volta una propria interpretazione di questo scenario per la copertina dell’album “The Fifth Season”: riconosciamo per l’appunto nell’immagine le «città vuote, abbandonate per anni», e i deserti dove «la carestia e la siccità si sono diffuse».

Al centro dell’illustrazione, un albero disseccato rimane fragilmente ritto sotto un cielo dai colori ostili: un simbolo per antonomasia della natura e del suo ciclo è colpito in modo apparentemente irreparabile. Tuttavia, la sua rovina non è dovuta a un flagello sovrannaturale come invece tocca al frassino Yggdrasil, protagonista dell’epica scandinava e della settima, omonima canzone di “The Fifth Season”: è la dissennatezza dell’uomo a causarne il disfacimento.
E c’è anche un’altra caratteristica che differenzia l’albero ritratto da Jan Yrlund dal suo corrispondente norreno: il fatto che il primo dei due sopravvive al disastro. Sulle punte dei suoi rami si distinguono infatti esili foglie rivolte al sole distante; e sulla sua corteccia un rampicante si abbarbica rigoglioso, più in alto perfino degli steli spuntati intorno. Si tratta d’altronde ancora una volta della trasposizione visiva del testo della canzone “The Fifth Season”: «Ora la Terra è finalmente vivibile, e gli animali sono tornati nei boschi»; un nuovo ciclo naturale è iniziato, insieme ad una nuova possibilità per il genere umano.

In sintesi, il messaggio degli Aexylium riguardo al “problema universale della natura” è quindi sia un avvertimento sia uno spiraglio rasserenante: un’esortazione all’impegno nella salvaguardia dell’ambiente in vista di un obiettivo raggiungibile. C’è una conclusione inaspettata che si può trarre al termine dell’ascolto dell’album “The Fifth Season”: tra gli eroi guerrieri, le entità leggendarie, e gli esploratori spericolati che animano le diverse canzoni del disco, è comunque ancora il semplice essere umano il solo a poter decidere se proteggere o annientare la meraviglia di cui «i rami si protendono su tutto il mondo e sovrastano il cielo»… Questa è la descrizione dell’albero cosmico Yggdrasil nelle parole dell’erudito islandese Snorri Sturluson (1178 d.C.1241 d.C.), ma è certamente anche un’espressione perfetta per chiamare la natura.
Paolo Crugnola