“The Path of Salvation” – Stormrider
Anno di uscita: 2012
Sito web: http://www.stormrider-metal.de/  – https://www.facebook.com/StormriderMetal/

“Canto III”In Aevum Agere
Anno di uscita: 2019
Sito web: https://www.facebook.com/inaevumagere/

Si può ben dire che l’Alighieri ha lasciato un’impronta davvero ciclopica nello scenario della musica heavy metal, se si considera che è esistita una band di questo genere chiamata Dantesco in una nazione famosa per sonorità molto diverse come Portorico.

In particolare a livello tematico, diventa addirittura superfluo sottolineare l’influenza del Poeta in alcuni sottogeneri come il gothic metal e il black metal, focalizzati molto spesso su riflessioni in chiaroscuro attorno ai concetti di peccato e punizione. Più in generale, però, l’influenza del Ghibellin Fuggiasco è avvertibile in quasi tutte i rami di genere dell’heavy metal. In molti casi abbiamo infatti canzoni, o interi album musicali, basati espressamente sugli scritti o sulla biografia di Dante; e avete già sicuramente intuito che le copertine di questi dischi ne rivelano fin dalla prima occhiata il contenuto. Oggi prenderemo in esame due album che offrono un’ottima prova di questa affermazione.

Il primo, intitolato “The Path of Salvation”, è un full-length pubblicato dalla band tedesca Stormrider nel 2012. Le composizioni di questo disco ripercorrono passo passo (è proprio il caso di dirlo) alcuni capitoli del viaggio ultraterreno del Poeta, cioè appunto del suo percorso verso la salvezza spirituale, come recita il titolo dell’album stesso. A questo proposito, la seconda composizione del full length, “Across the Acheron”, è senz’altro emblematica, così come lo è indubbiamente anche l’immagine di copertina del disco.

Riconosciamo infatti al centro dell’illustrazione, nella scala a spirale che sprofonda fino alla “natural burella”, una sintesi simbolica dell’intero viaggio del Poeta nei recessi dell’Inferno. Dante, nell’archetipo dell’abito rosso con cui l’hanno raffigurato numerosi artisti tra cui Sandro Filipepi detto Botticelli (1445 1510), ed Edgar Degas (18341917), ci appare nell’immagine in bilico su di una metaforica soglia esistenziale: la sua immobilità fisica maschera per l’appunto un dissidio interiore squassante.
Il Poeta sa che il primo, pericoloso passo sulla scala è l’unico mezzo per ricomporre la sua serenità interiore persa nella “selva oscura”, ma è anche consapevole che avrà a disposizione per lungo tempo solo frammenti amari e nauseanti di sé stesso per ricomporla: cioè il confronto con le tentazioni, le perversioni e le minacce che lo fronteggiano ad ogni gradino della discesa. Perché è proprio questa la forza autorevole della consapevolezza di Dante: il rivelare platealmente la propria paura di fronte alle figure degenerate dell’Inferno, e il ricordare costantemente di poter “precipitare” a propria volta, di poter diventare una di queste figure in qualsiasi momento. Il Poeta sa e ammette che ogni dannato può essere un suo specchio: le figure di umanità decaduta che incontrerà sono, appunto, “umane”, e cioè del tutto simili a lui. Si tratta di figure “prave”, “sciaurate”, “maladette”, ma non di figure “aliene”: per quanto distorte e degradate fino alla bestialità di Vanni Fucci (“Inferno” XXIV, 121 – 126), la loro umanità è un tratto indelebile, così come l’affinità “di base” di ogni altra persona con esse.
Dante testimonia più volte nella “Commedia” questo concetto di “universalità”, fin dal primo, arcinoto verso dell’”Inferno”: «Nel mezzo del cammin di nostra vita…». È interessante come l’autore della cover di “The Path of Salvation” abbia colto e condensato questo messaggio “collettivo” nella scelta di non mostrare il volto del Poeta, lasciando i suoi tratti indefiniti e permettendo così a ciascuno di noi di imprestargli quelli di qualunque persona, compresi i propri.

Anche il Dante Alighieri ritratto sulla copertina del secondo album di cui parleremo oggi ci permette lo stesso esercizio di immaginazione. Il disco in questione è il full-length “Canto III” pubblicato nel 2019 dalla band italiana In Aevum Agere: una formazione in cui troviamo Bruno Masulli, polistrumentista attivo nella scena heavy metal italiana con numerosi progetti musicali, tra cui I Miti Eterni e, per l’appunto, In Aevum Agere.
Palesemente, si possono cogliere già a colpo d’occhio delle somiglianze tra l’artwork di “The Path of Salvation” e quello di “Canto III”. Una di queste, come anticipato, è il fatto che il volto del Poeta non sia visibile. Sulla cover del secondo disco, infatti, Dante è ritratto di spalle mentre fronteggia un passaggio minaccioso tra gli alberi della “selva oscura”, circondato da forme spaventose e caotiche. Queste ultime ci richiamano senz’altro alla mente le figure che gremiscono le scale sulla copertina di “The Path of Salvation”; così come d’altra parte l’apertura che si trova al centro della ridda demoniaca sulla cover di “Canto III” ispira la stessa sensazione di pericolo emanata dal primo scalino ritratto sulla copertina dell’album degli Stormrider.

C’è però ora una differenza da notare tra i due artwork, ed è il titolo dell’album degli In Aevum Agere a fornircene l’indizio. Mentre la scena illustrata per “The Path of Salvation” è una summa di dettagli visivi inconfondibili che riguardano l’intero viaggio infernale dell’Alighieri, l’immagine di copertina del disco della band italiana si concentra invece su un luogo specifico di questo percorso, descritto appunto nel Terzo Canto dell’”Inferno”. E considerando che, la prima visione che si para davanti agli occhi del Poeta in questa raccolta di terzine, è quella della porta del luogo di pena ultraterreno da attraversare, se ne deduce che il passaggio illustrato nel centro della cover di “Canto III” sia proprio l’accesso che conduce alla soglia per la quale «si va ne la città dolente… ne l’etterno dolore… tra la perduta gente».
Più nello specifico, i primi che Dante incontrerà oltre l’ingresso fatale saranno gli spiriti degli Ignavi, cioè le ombre di coloro che vissero senza scegliere né valori positivi né comportamenti peccaminosi. Dopodiché, il Poeta e la sua guida Virgilio raggiungeranno la cupa riviera del fiume Acheronte, dominata dall’inclemente nocchiero Caronte.
Con questo incontro, descritto ampiamente come il precedente nel disco degli In Aevum Agere, si conclude il Terzo Canto dell’”Inferno”: uno tra i più noti della “Divina Commedia”, e che giustifica già di per sé il fatto che Dante, nel Canto successivo, si sia assegnato un posto tra coloro che egli considerò come i maggiori poeti dell’antichità classica (“Inferno” IV, 97 – 102). Certo, si tratta di una “nomina spontanea” che porta con sé anche un tocco di presunzione: è innegabile. E, d’altra parte, una certa eccessiva arroganza fu rinfacciata al Poeta già dai suoi contemporanei. Ad esempio, il “collega” e dissacrante rivale di Dante di nome Cecco Angiolieri (ca 12601310) in un sonetto gli diede del “begolardo”: l’equivalente dell’odierno “fanfarone”, accostabile – visto che siamo in tema – anche al termine gergale usato tra i fan dell’heavy metal “poser”.

Considerando però il “peso specifico” di Dante nella letteratura mondiale e, come abbiamo visto, anche nella musica, si tratta in effetti di un rimprovero trascurabile. Credo anzi che, se il Poeta fosse tra noi oggigiorno, non perderebbe certo tempo con i suoi detrattori, ma si recherebbe invece, incuriosito e con una comprensibile sorpresa, a scoprire le band che i suoi scritti hanno ispirato. Tutt’al più, se proprio gli capitasse di incocciare in qualche denigratore nell’attesa di entrare in un concerto, scuoterebbe la testa e direbbe a sé stesso: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa».
Paolo Crugnola

Nota per i lettori
È disponibile sul sito www.artovercovers.com un’intervista dedicata alla band citata nell’articolo I Miti Eterni.
Di seguito il link: https://www.artovercovers.com/2021/07/18/sic-itur-ad-astra-i-miti-eterni-sullacropoli-di-cuma-intervista/