Ci sono dischi per cui occorre svolgere una ricerca approfondita in saggi storici, in antologie letterarie, o addirittura in trattati scientifici, se se ne vuole comprendere la fonte di ispirazione. Ma ci sono anche dischi per cui questa ricerca trova invece quasi istantaneamente il suo obiettivo, perché è sufficiente assistere ad un telegiornale, o addirittura affacciarsi alla finestra. L’album “Nightmares in Daylight” del progetto progressive-melodic metal italiano It Will Last appartiene senza dubbio alla seconda categoria. Si potrebbe infatti definirlo nei termini di una serie di riflessioni in musica sul rapporto dell’essere umano contemporaneo con i suoi simili e con il pianeta: un’analisi meditativa focalizzata in particolare sugli squilibri di questo rapporto e sulle loro cause. Addentriamoci quindi in “Nightmares in Daylight” con il polistrumentista Simone Carnaghi, ideatore del progetto It Will Last nel suo apparato tematico e strumentale: mai come prima d’ora, scopriremo oggi una composizione musicale che ci guarda negli occhi ogni giorno dal mondo che ci circonda.
Benvenuto su Art Over Covers, Simone! Cominciamo subito con le presentazioni: a te la parola per descriverci l’origine e i protagonisti di It Will Last…
Ciao, Paolo. Grazie. Il progetto It Will Last nasce dalla mia grande passione per la musica hard rock-heavy metal: ho sentito crescere in me la voglia di scrivere nuova musica, e in particolare qualcosa di differente rispetto a quanto fatto precedentemente nelle mie composizioni. L’idea è partita da alcune bozze di nuove canzoni cui stavo lavorando nel 2018, oltre che da alcuni vecchi brani che volevo riarrangiare. Per quanto riguarda i protagonisti del progetto, mi sono occupato volutamente in prima persona di tutta la produzione del cd-album “Nightmares in Daylight”. Sono partito dalla composizione e dall’arrangiamento di tutte e dodici le canzoni (musiche e testi),e ho suonato e registrato io tutti gli strumenti (basso, batteria, chitarre, ed infine tutti i cori maschili). Questa volta, a differenza del mio precedente progetto Slender Hopes, mi sono occupato anche del mixaggio e della masterizzazione dell’album presso il mio nuovo studio privato di musica a Rescaldina (MI), dove porto avanti la mia attività di insegnante polistrumentista di musica, che ormai esercito da molti anni. “Nightmares in Daylight” è a tutti gli effetti la mia prima produzione musicale a 360° realizzata in totale autonomia, ed è stato veramente bello per me immergermi in questa nuova avventura. È un mio forte desiderio, e sarà un autentico piacere, poter realizzare d’ora in avanti la produzione anche per altre band che me ne faranno richiesta, in particolare hard rock ed heavy metal. Tornando alle registrazioni dell’album, aggiungo che mia moglie Maria ha cantato le parti femminili nei cori, e che ho affidato invece il compito di cantare le linee vocali soliste dei miei brani a Daniel Reda (ex Pandaemonium e Dying Moon). Daniel è ormai da decenni un mio carissimo amico, con cui fra l’altro ho militato nei Pandaemonium suonando la batteria per l’album “Return to Reality”. È una persona che stimo e di cui mi fido, e ha un timbro di voce bello e particolare accompagnato da una grande padronanza della tecnica. È stato interessante sperimentare, inserendo nelle mie composizioni la sua voce decisamente epic metal, e applicandola quindi a un contesto ben differente.
Progressive-melodic metal… Dal momento che sei un veterano dell’insegnamento nell’ambito della musica, è d’obbligo chiederti di darci una definizione di questo genere musicale e delle impressioni che intende lasciare nell’ascoltatore. Già il nome del tuo progetto lascia intuire che si tratti di emozioni non superficiali…In effetti, il tempo vola… e mi rendo conto di insegnare musica da oltre quindici anni: questa è la mia attività principale e la adoro. Il progetto It Will Last, invece, rappresenta la mia pura passione per la musica. Ciò che ne deriva è la fusione di più ingredienti. Si tratta di un concept album abbastanza peculiare, in particolar modo nei contenuti. Tante sono le problematiche che stanno letteralmente consumando il mondo in cui viviamo. Questo rappresenta un problema reale, che mi ha fatto riflettere ancora di più e che mi ha ispirato: ho così voluto mettere i miei pensieri in musica. Devo fare qui una premessa: ho iniziato ad ascoltare musica heavy metal, e poco dopo ad immergermi nello studio della musica, grazie all’ascolto dei mitici Iron Maiden di Steve Harris. Li amo tutt’ora; i loro primi sette album sono per me dei capolavori e mai mi stancherò di ascoltarli. Mi capisci bene perciò, quando ti dico che non ho saputo resistere all’idea di trarre ispirazione da alcuni degli ingredienti principali utilizzati nei loro capolavori anni ‘80, ma senza copiare. I miei brani, infatti, hanno varie caratteristiche e differenze peculiari, fra cui: tanti cori a più voci, strutture spesso imprevedibili e con tanti cambi di ritmo, di tonalità e non solo. “Nightmares in Daylight” in tutti i suoi brani ha un’attitudine progressive, e ha un arrangiamento impegnativo e molto particolareggiato in tutte le sue parti; non ultimo, come ti dicevo, è stata inserita una voce solista che probabilmente non ci si aspetterebbe in questa tipologia di brani. La mia idea di progressive-melodic metal (o progressive-classic metal) non è facile da spiegare al dettaglio… Proviamo a salire nuovamente in cattedra e, dopo la mia spiegazione, vediamo se è meglio far ripetere l’anno all’insegnante oppure all’allievo! Cominciamo evidenziando alcune parole chiave: suono anni ’80, melodia e imprevedibilità. Come anticipato sopra, il mio cd-album parte dall’idea di lavorare su un suono radicato negli anni ’80, proprio perché sono un grande appassionato del genere classic metal e in particolar modo della NWOBHM: mi sono voluto discostare da suoni più moderni per fare un ritorno al passato, dando però più definizione a tutti gli strumenti. Questo, diciamo, è il primo “comune denominatore” dei miei brani. La melodia è la seconda costante (e qui affiora la “lezione” di band come gli Iron Maiden); le mie strutture però sono piuttosto intricate, e caratterizzate dalla presenza frequente di battute dispari, cambi di ritmo, lunghe sezioni strumentali, e di tanti particolari e sfumature di cui ho curato con grande passione tutti gli arrangiamenti per gli strumenti. L’imprevedibilità è l’ovvio risultato di questa impostazione: infatti non sai mai cosa succederà nei miei brani. La scelta di inserire tanti cori a più voci e la voce di Daniel è stata precisamente indirizzata a personalizzare ancora di più gli ingredienti che ti ho presentato. Il risultato, mi piace chiamarlo… progressive-melodic metal. Non mi ritengo un inventore, anche perché al giorno d’oggi inventare qualcosa di veramente nuovo in ambito musicale è difficilissimo: è già stato esplorato veramente tanto negli anni da parte di tante valide band. Nel mio piccolo ho voluto comunque sperimentare, e il risultato è stato “Nightmares in Daylight”.
Provo ad individuare mano a mano alcuni nuclei concettuali dell’album attraverso le sue singole canzoni. “Nightmares in Daylight” addita l’essere umano del 2021 con l’accusa di essere “assassino della natura, della libertà e dell’umanità”… Nel 1946 il poeta Premio Nobel Salvatore Quasimodo (1901 -1968) tracciava anch’egli un ritratto dell’essere umano nella lirica “Uomo del mio Tempo”: «t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio…». È superfluo osservare come i due ritratti proposti combacino; ma allora, quali conclusioni possiamo trarre?
Purtroppo ci si accorge col passare degli anni di come stia cambiando il nostro mondo, sia da un punto di vista ambientale sia da un punto di vista sociale e di comunicazione. Troppe persone, come ci insegna la Storia, hanno messo e continuano a mettere davanti a tutto e a tutti il tema della ricchezza, del potere, della notorietà. Altre persone provano invidia l’una verso l’altra, altre sono terribilmente egoiste e senza scrupoli, altre ancora sono schiave della tecnologia. Non occorre poi ripetere che da sempre ci sono guerre nel mondo che portano a distruzione e sofferenze. Questi sono alcuni degli aspetti principali che stanno consumando il mondo in cui viviamo, e non ci rendiamo conto che il peggioramento è in costante crescita. È stata per me una sfida interessante portare questi aspetti e considerazioni in musica.
Venti anni fa Alice Cooper constatava che la Terra era diventata un “Brutal Planet” a causa dell’azione dell’uomo; e prima ancora, negli anni’80, le band tedesche Kreator e Running Wild mettevano in guardia dallo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali e dai disastri ecologici indotti dall’avidità. Il tema della salvaguardia ambientale non è inedito nel genere heavy metal, però non è neppure molto comune: tu perché hai scelto di inserirlo tra i temi portanti del tuo album, lanciando un “allarme globale” come recita il titolo di una tua canzone?
…Ti riferisci a “Global Warning”: questo brano parla del deterioramento ambientale e di ciò che ne deriva. È palese che a molti non sia ancora chiaro che viviamo tutti sullo stesso pianeta, e che non tutto può essere poi ricostruito. Un chiaro esempio di ciò è costituito dal preoccupante e ormai sempre più rapido scioglimento dei ghiacciai, e dai cambi climatici che causano disastri ancora più frequenti rispetto a prima nel mondo.
Nelle canzoni “Deadly Poison”, “Selfish Pride” e “Money and Power” imperversano i peccati capitali, che sembrano deformare gli esseri umani fino a renderli simili agli inferni contorti di Hieronymus Bosch (ca 1450 – 1516). Mi ha colpito che in “Deadly Poison” definisci l’invidia come “la peggiore delle ossessioni”, come se da essa derivassero tutte le altre. Ho inteso correttamente? L’invidia può contendere “il podio dei mali”, ad esempio, alla lussuria, alla cupidigia o alla superbia temute da Dante Alighieri (1265 – 1321)?
Sì, diversi brani parlano di alcuni peccati capitali, e in particolar modo “Deadly Poison”. L’invidia, la definirei come una vera e propria piaga sociale: una malattia spesso senza capo né coda, che corrode l’animo della persone che ne sono affette. E vediamo in fretta propagarsi un’ulteriore conseguenza negativa di ciò: gli invidiosi infliggono a loro volta il male gratuitamente a persone che invece vivono o cercano di vivere la propria vita serenamente e senza dare alcun fastidio agli altri.
Veniamo ora a un argomento fondamentale per le nostre interviste, Simone: l’immagine di copertina dell’album. Nel caso di It Will Last tutto l’apparato grafico del disco a partire dal logo della band è stato curato da “Aeglos Art” (https://www.facebook.com/aeglosartphoto), già all’opera su alcune copertine di band come Room Experience, Charming Grace, Danger Zone ed Airbound. Raccontaci di come è nata la vostra collaborazione, e di come è stata concepita l’illustrazione di copertina di “Nightmares in Daylight”.
È sorprendente il fatto che i colori vivaci che la caratterizzano rendano così bene lo scenario di un dramma epocale… Adoro la copertina di “Nightmares in Daylight”! Antonella “Aeglos Art” ha carpito perfettamente l’idea del concept che avevo in mente, e l’ha elaborata con preziosi dettagli. Se la si osserva attentamente, si notano diversi oggetti e particolari, e ciascuno di essi si collega alle canzoni contenute nell’album.
Link alle recensioni: https://www.artovercovers.com/2014/07/01/charming-grace-charming-grace/ – https://www.artovercovers.com/2015/05/22/room-experience-room-experience/ – https://www.artovercovers.com/2017/09/15/airbound-airbound/
Permettimi un’osservazione su un dettaglio dell’immagine: una corona poggia sulle rovine. Può essere intesa come metafora della caducità del potere, o anche come avvertimento di come nelle catastrofi c’è sempre qualcuno che comunque trae profitto, come il pescecane di Trilussa (pseud. di Carlo Alberto Salustri 1871 – 1950) che esultava strillando: “Viva il Diluvio!”?
La canzone “Money and Power” è rappresentata dalla corona che hai notato sulle rovine, oltre che dalle banconote che si vedono all’interno della clessidra. La corona appoggiata a terra vicino alle rovine vuole indicare che “il potere”, prima o poi, è destinato in qualche maniera a scomparire: quella corona infatti rimane sul suolo senza essere appoggiata sul capo di nessuno. Quindi, a cosa servirà mai il potere, se alla fine di tutto ci ritroveremo soli nel guardare la distruzione che noi stessi abbiamo contribuito a creare?
Abbiamo visto i contenuti e l’aspetto grafico del tuo progetto, Simone. Come ci dovremo aspettare invece l’immagine sul palco della tua band? Penso per esempio ai costumi e alle scenografie dei concerti… Sfrutto l’occasione per chiederti anche quanta importanza assegni all’immagine nella musica in generale oggigiorno.
Personalmente, ho sempre dato la massima importanza prima alla musica, e poi in secondo piano all’immagine. I tempi sono però cambiati, e ciò che riguarda l’immagine e la scenografia è diventato un elemento piuttosto importante: di più rispetto che in passato. Se il mio progetto It Will Last dovesse iniziare il suo percorso anche “on the road”, sicuramente, qualche idea carina, ce l’avrei. Però cercherei comunque di non distogliere troppo l’attenzione dell’ascoltatore dalla musica.
Parlando di nuovo di copertine: ti è mai capitato di acquistare un disco solo perché l’immagine della cover ti avesse particolarmente affascinato? Se sì, quale, o quali?
Trovo la copertina di un album un elemento importantissimo. Ci sono innumerevoli cd di cui adoro la copertina: sarebbe un elenco davvero troppo lungo da fare. Però… ricordo ancora quando avevo solamente 14 anni, ed ero appena uscito dal negozio dove avevo acquistato la mia prima chitarra elettrica: subito dopo comprai in un negozio vicino il cd dei Testament “Practice What You Preach”. Mi era piaciuta la copertina: la trovavo particolare.
Quali sono state finora, secondo te, le copertine più suggestive realizzate nel mondo della musica? E approfitto per chiederti se hai un colore preferito, e che magari attrae solitamente la tua attenzione in questi lavori grafici.
Sicuramente adoro tuttora “Powerslave” e “Somewhere in Time” degli Iron Maiden (due dei loro album che tra l’altro amo in tutto e per tutto). La copertina del secondo album, in particolare, ha un’infinità di particolari… e a me piacciono molto i dettagli: mi incuriosiscono. (link alle recensioni sugli artwork: https://www.artovercovers.com/2020/07/15/powerslave-e-live-after-death/ https://www.artovercovers.com/2021/09/17/somewhere-in-time/ ). In queste due copertine, ben diverse fra loro, sono presenti colorazioni e sfumature interessanti. In “Powerslave” predominano i colori chiari, che mi rilassano e mi trasportano letteralmente all’interno della piramide illustrata; mentre in “Somewhere in Time” risaltano colori ed effetti decisamente più futuristici. Mi piace anche la copertina di “Master of Puppets” dei Metallica, che ha un significato profondo: “il Signore delle Marionette” induce ad una riflessione sull’utilizzo di droghe e sostanze stupefacenti. I colori di questa copertina sono decisamente forti: rendono l’idea del tema principale. Potrei citare ancora “Edge of Thorns” dei Savatage: bellissima, ricca di sfumature e di vari colori che catturano l’attenzione. Queste sono solo alcune delle mie preferite. In generale, mi piacciono colori non troppo forti, bensì chiari e sfumati. Invece, per i loghi, in genere preferisco il contrario: più impatto. Ad esempio, trovo il colore rosso molto incisivo. Devo però ammettere che quanto appena detto è stato poi abbastanza stravolto (in positivo), quando ho visto il bellissimo risultato finale della mia copertina!
Puoi citare un illustratore, un fotografo, o più in generale un artista particolarmente significativo per te?
Dopo quanto descritto sopra… non posso non citare il fantastico Derek Riggs! Le sue copertine ed illustrazioni mi hanno sempre catturato sin da ragazzino. Ciò che ha fatto in particolar modo per gli Iron Maiden, dal primo all’ottavo album, è stato davvero notevole. Un grande artista: non c’è che dire.
Siamo arrivati purtroppo al termine dell’intervista, Simone. Ti ringrazio per il tuo tempo e per averci accompagnato in questa presentazione del tuo progetto, che è stata anche un’occasione per approfondire la consapevolezza di un problema universale. Con quali parole vuoi concludere questo incontro con i nostri lettori? A te le righe finali con piena libertà di espressione…
Sono io a ringraziare te, Paolo, e Art Over Covers, per il tempo dedicatomi! In conclusione posso dire che “Nightmares in Daylight” vuole sensibilizzare riguardo a un problema che, come hai giustamente detto tu, è universale. Vuole quindi essere un punto di riflessione per tutti, per cercare di correre ai ripari ove possibile, sforzandoci nel nostro piccolo, durante la quotidianità, di modificare le nostre abitudini comportamentali nei confronti altrui e nel rispetto del mondo in cui viviamo. Spero veramente di poter portare presto la mia musica sui palchi. Grazie ancora!