Anno d’uscita: 1973
Sito web: https://www.pooh.it/
«Dall’alba antica delle mitologie fino alle più tragiche avventure individuali del nostro secolo, l’uomo ha inseguito i Miti e gli Dei, per identificarsi ed integrarsi ad essi. Ma non vogliamo ignorare l’altra sottile, spesso oscura odissea dell’uomo alla ricerca quotidiana di se stesso, nei valori minimi, nella poesia degli attimi sfuggenti, nell’esplorazione ingenua dei sentimenti. All’ombra delle Grandi Parole e dei Grandi Simboli, candidamente ognuno protegge ricordi, emozioni, una dolcezza inconfessata che può riscattare dall’inerzia violenta della solitudine. Al filtro universale dell’amore, nei cui aspetti ogni cosa umana si può identificare, abbiamo ancora una volta voluto far passare il nostro discorso più naturale e che ci compete, di musica e poesia. Fra le nostre piccole storie consuete e inconsuete, una ne abbiamo isolata, che vogliamo sia il simbolo e il commento migliore di questa nostra ultima fatica. C’è un Eroe, Parsifal, un predestinato al Mito. La sua natura intatta è l’abito sacro che deve farne il super Uomo, braccio violento di Dio. Ma è la sua natura intatta e sognante che viene fecondata dalla vita, dalle stagioni, dall’amore. Ed egli si riconosce sì, ma uomo di breve ma completa vita terrena, e si ferma, là dove ha incontrato la realtà di se stesso. Questo è l’uomo, questi siamo noi, e ognuno che vorrà per un attimo pensarci su…».
Le note interne del disco “Parsifal” esprimono in maniera emblematica la qualità innovativa, a livello tematico, del sesto album dei Pooh. Uscito nel 1973, esso rappresenta il tentativo, da parte della band bolognese, di imporsi nel panorama musicale italiano con melodie arrangiate a livello orchestrale e con contenuti evocativi che possano rimandare ad un passato mitico, al tempo stesso non rinunciando ad esercitare attrattiva sul grande pubblico. Proprio in questo senso, questo album mi è particolarmente caro, perché è legato ad un aneddoto privato della mia famiglia.
Nella loro lunghissima carriera, durata mezzo secolo, dal 1966 al 2016, i Pooh hanno fatto sognare milioni di persone, in Italia e all’estero, con le loro canzoni indimenticabili. In particolare, la generazione che ha vissuto la propria adolescenza negli Anni’70 ha potuto godere in prima persona della sfavillante popolarità del gruppo nel mondo musicale. Immaginiamo i loro vinili, letteralmente consumati sui giradischi, a fare da colonna sonora per amori sbocciati, lunghe sere d’estate e storie eterne, che durano ancora oggi, nate proprio ascoltando le loro note.
Penso che non esista genitore cresciuto negli Anni’70 che non abbia parlato ai propri figli degli occhi azzurrissimi di Roby Facchinetti o di quando al bar, si inserivano all’infinito monetine nei juke box per sentire una loro traccia ancora una volta, e ballarla, magari bevendo Coca-Cola con la cannuccia.
Questa considerazione può essere valida per album come “Opera prima” o “Alessandra” (link alle recensioni delle copertine: https://www.artovercovers.com/2021/03/12/alessandra-pooh/, https://www.artovercovers.com/2021/03/03/opera-prima-pooh/), che contenevano brani immortali come “Tanta voglia di lei” o “Noi due nel mondo e nell’anima”, ma anche per “Parsifal”, che nonostante avesse abbandonato momentaneamente le tematiche sentimentali dei lavori precedenti, ebbe uno straordinario successo, conferendo credibilità al gruppo proprio negli anni in cui il panorama musicale italiano acquisiva notorietà a livello internazionale grazie alle sonorità “prog”.
Mia madre è una dei fortunati teen-agers che ebbe modo di vivere gli anni della parabola artistica dei Pooh e del loro impatto sulle vite dei giovani di quegli anni. Era appena adolescente quando il suo primo “morosino”, Fiorenzo detto “Cimino”, le regalò il 33 giri di “Parsifal”. Cimino, come molti ragazzi dell’epoca, amava le Vespe: ne aveva infatti una bordeaux, con una sella bianca di terza mano che veniva riverniciata a nuovo tutte le volte. Spesso i giovanotti appassionati di motori sono dei romantici inaspettati e un Natale, infatti, Cimino si presentò a casa di mia madre con l’album contenente la canzone più ballata in quel periodo: “Io e te per altri giorni”, il cui testo, molto romantico e struggente, fece breccia nel cuore di mia madre, così come in quello dei giovanissimi protagonisti di molte altre “love stories”. Purtroppo, non passò molto tempo che mio zio chiese a mia madre il vinile di “Parsifal” per portarlo alla festa di un suo amico e da lì, come spesso accade gli oggetti prestati, il disco non tornò più indietro. Così si persero le tracce di quella stampa originale del 1973.
Secondo mia madre, “Parsifal” era un disco molto apprezzato non solo musicalmente, ma anche graficamente: «Ricordo che nel 33 giri c’era un libretto in cartoncino con le foto dei Pooh vestiti da cavalieri medievali…». Spinta dalla curiosità, molti Natali dopo riuscii a trovarne una copia e glielo regalai, come aveva fatto Cimino negli anni Settanta. Aveva ragione la mia mamma: un artwork come quello di questo album rimane giustamente impresso anche a distanza di anni, forse più della sua storia con Cimino e, collegandomi a questo nostalgico aneddoto familiare, vorrei cogliere l’occasione per analizzare gli aspetti grafici della sua copertina.
L’immagine della front cover è un particolare del manifesto per l’omonima opera di Richard Wagner in cui è rappresentata Kundry, seducente amazzone, che cosparge i piedi del protagonista di balsamo con i suoi capelli, nel giardino di Klingsor.
Il gesto della donna ricorda il momento in cui Maria Maddalena unge i piedi al Cristo e lo collega al famoso passo del Nuovo Testamento, rendendo l’immagine intrisa di religiosità e redenzione.
Parsifal è un personaggio del ciclo arturiano, un cavaliere della Tavola Rotonda divenuto famoso per essere stato l’unico a vedere il Sacro Graal. Nella grafica del booklet sono stampate le fotografie che ritraggono Roby Facchinetti, Stefano D’Orazio, Dodi Battaglia e Red Canzian vestiti da guerrieri medievali nella scenografia del castello diroccato di Vezio, sul lago di Como.
Il maniero è una suggestiva attrazione risalente a circa 1000 anni fa che sovrasta la valle di Varenna, in provincia di Lecco, e che merita senz’altro una visita. Oltre ad avere una vista panoramica mozzafiato, un bellissimo giardino, misteriosi sotterranei e sculture spettrali, esso offre attualmente al pubblico anche affascinanti spettacoli di falconeria.
Gli abiti indossati dai musicisti portavano la griffe della sartoria della Scala di Milano: erano stati, infatti, utilizzati per l’edizione teatrale del 1971 della stessa opera wagneriana. Probabilmente gli outfit portano ancora le tracce di sudore dei quattro malcapitati (o, se vogliamo essere più poetici di “quei cavalieri simili a Dei”) che, sventuratamente, si misero in posa per gli scatti in una torrida giornata estiva. Sicuramente Stefano d’Orazio, con una bella maglia metallica, fu quello che se la passò peggio.
Red Canzian ci ha fornito una colorita descrizione di quel momento: «L’idea della copertina la suggerì Luciano Tallarini. Posammo per un intero pomeriggio indossando costumi medioevali. Era quasi estate, faceva un caldo infernale. Quello che se la passava peggio era Stefano, che indossava una maglia di ferro. Lo sfottevamo storpiando una celebre canzone di Baglioni: «Quella tua maglietta fina… ti sta arrugginendo sotto le ascelle» (© http://www.ipooh.it/1973). Il vinile di “Parsifal” occupa un posto in bella vista nel soggiorno dei miei genitori, e lo si ascolta dopo più di quarant’anni con un giradischi digitale, anche se i sentimenti rimarranno sempre sinceri e fedelmente analogici.
Sara “Shifter” Pellucchi
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Bellissimo articolo, Sara, pensa che avevo parlato anch’io di questo album qualche anno fa sul mio blog in un post dal titolo “Il Medioevo è pop”. Mi hai fatto rivivere un pezzetto della mia adolescenza! Infatti ero ragazzina ai tempi e ho ancora in casa il vinile di questo album davvero storico in tutti i sensi. Le atmosfere sono emozionanti in molti dei brani musicali, sembra di attraversare la foresta e di “essere” Parsifal come è stato giustamente evidenziato. Se non mi ricordo male, lui era un popolano che si era imbattuto nei cavalieri che lo avevano preso con sé e che poi aveva avuto un destino incredibile anche a livello spirituale.
Per quanto riguarda la cover io la trovo strepitosa, pensa che avevo sempre creduto che lui la stesse battezzando.
Gustosissima la descrizione della seduta fotografica “infernale” da parte del gruppo, che cosa non si farebbe per essere belli e “interpretare” la storia! 😀
Cristina ti ringrazio moltissimo per il tuo piacevole commento. In effetti anche questa mia recensione è nata da un ricordo… è stato grazie all’aneddoto raccontato da mia mamma che ho avuto l’ispirazione per documentarmi ulteriormente sulla copertina. Ho scoperto delle informazioni veramente interessanti, ero sicura che ti saresti appassionata nel leggerla, anche perché tratta di un argomento storico a te molto caro. Sei sempre carinissima, un abbraccio e a presto!