Anno d’uscita: 1986
Regia: Howard Deutch
Lui, lei, L’altro. Un triangolo amoroso tra teenagers, una rivisitazione della fiaba di Cenerentola o qualcosa di più? La locandina di “Pretty in Pink”, pellicola diretta da Howard Deutch nel 1986, lascia ampio spazio all’immaginazione dello spettatore. In essa compaiono tre personaggi, i protagonisti Blane (Andrew McCarthy), Duckie (John Cryer) e Andie (Molly Ringwald), ma il b/n dello scatto vira in realtà verso il rosa pastello. Questo colore avrà una grande importanza nel film, non solo perché si tratta di una romantica storia per adolescenti, “rosa”, appunto, ma anche perché tale tonalità caratterizza, come si vedrà, il look della protagonista, rendendola un’autentica icona nell’immaginario degli anni Ottanta. La foto non sembra darci altri indizi, né lo sguardo enigmatico dei tre giovani lascia presagire cosa li (ci) attende. Possiamo intuire che la vicenda si tingerà di aloni sentimentali, ma quale sarà il rapporto tra i tre? Amici, rivali o alleati?
In Italia questa pellicola fu considerata poco più di una delle tante commedie per adolescenti, rientrante in un filone molto prolifico che ebbe origine con il celeberrimo “Il tempo delle mele” del 1980, fece tappa qui da noi con “Cenerentola’80″ (1984), mediocre ma emblematico – fin dal titolo – film di Roberto Malenotti con Pierre Cosso e Bonnie Bianco, per poi svilupparsi negli USA grazie al regista John Hughes e i suoi “Sixteen Candles” (“Un compleanno da ricordare”, 1984) e “Breakfast Club” (1985), entrambi con la stessa Molly Ringwald come protagonista. Hughes ricompare in “Pretty in Pink”, ideale terzo capitolo della trilogia, in veste di sceneggiatore, mentre la giovane attrice, divenuta grazie a questi titoli vera star dei teen movies, ne fu la musa ispiratrice, visto che il personaggio di Andie venne “confezionato” su di lei.Come le due precedenti pellicole che vedono la Ringwald al centro della scena, “Pretty in Pink” negli Stati Uniti è stato rivalutato negli anni, diventando un piccolo cult movie. Il suo valore non sta però, come vedremo, nella trama in perfetto stile Cenerentola, che rientra appieno nei canoni del genere sentimentale-adolescenziale. Il lungometraggio contiene molte delle funzioni che Vladimir Propp elencò nel ben noto saggio “Morfologia della fiaba” (1928): l’allontanamento, l’infrazione, il tranello, l’acquisizione di un oggetto magico, la lotta, lo smascheramento, la vittoria, il matrimonio sono alcuni degli elementi ricorrenti nelle fiabe della tradizione che sono tutti riconoscibili nella vicenda.
Anche i personaggi rispecchiamo quelli individuati dall’autore russo come tipici del genere letterario: Andie (eroina/principessa) è infatti una fanciulla di umili origini, orfana di madre, graziosa ma poco popolare tra i coetanei, che la prendono in giro per il suo abbigliamento insolito, e per guadagnarsi da vivere lavora in un negozio di dischi. Blane, il danaroso principe azzurro, vero “teen-yuppie” dal cuore d’oro, si invaghisce di lei e l’attrazione è reciproca, ma per coronare il loro sogno i due innamorati dovranno superare una serie di ostacoli legati alla differenza di classe sociale a cui appartengono, visibilmente rappresentata dal loro abbigliamento e dalla loro cerchia di amici. Gli aiutanti dell’eroina sono il padre di Andie (Harry Dean Stanton) e l’amica Iona, che supportano la ragazza rincuorandola e incoraggiandola e la aiutano a realizzare il vestito (rosa, ovviamente) che indosserà al ballo della scuola.
Gli antagonisti sono il “villain” della situazione, Steff, interpretato da un giovane e affascinante James Spader, che qualche anno dopo sarebbe stato il protagonista dell’ottimo “Sex, Lies and Videotapes” di Steven Soderbergh (1989) e le compagne di scuola di Andie, sempre pronte a sbeffeggiarla per il suo look da outsider e per le sue doti di studentessa modello.
Sulla locandina, come abbiamo visto, compare un “terzo incomodo”, Philip detto Duckie, che non rientra pienamente nei classici canoni della fiaba Cenerentola-style. Tornando alle funzioni di Propp, potremmo forse identificarlo con il “falso eroe”, vale a dire colui che si prende il merito della missione e cerca di sposare la principessa con l’inganno? Si tratta del migliore amico della ragazza, da sempre innamorato di lei che, dopo che le complicazioni che sembrano aver allontanato Andie e Blane, la accompagna al ballo della scuola ma poi, alla fine della vicenda, decide cavallerescamente di farsi da parte per permettere alla fanciulla del suo cuore di fidanzarsi con il “principe azzurro”. E vissero felici e contenti? Può darsi, ma questo “presunto” lieto fine ha lasciato insoddisfatta una larga parte degli spettatori.
Perché Andie si mette insieme a Blane e non a Duckie, il confidente di una vita, come lei squattrinato, dal look originale e con i suoi stessi interessi? Il ragazzo è un personaggio che attira inevitabilmente le simpatie del pubblico e non si può non desiderare fino all’ultimo che sia lui il prescelto. Questa sensazione ha una sua valida giustificazione: nella versione originale della sceneggiatura, infatti, Andie e Duckie diventano finalmente una coppia, ma durante le proiezioni-test questo finale non piacque alla maggior parte degli spettatori, perché venne ritenuto troppo “classista”, dunque il lieto fine di cui sopra venne confezionato appositamente a posteriori. Lo sceneggiatore Hughes contestò aspramente questa decisione e lo stesso John Cryer si dichiarò “scioccato” dal cambio di finale; per di più, nel libro tratto dal film la vicenda si conclude con il fidanzamento della protagonista con il migliore amico, poiché esso venne dato alle stampe prima della modifica alla sceneggiatura.
Al di là della trama, quello che rende questo film godibile, a distanza di quasi 35 anni, è la sua rappresentazione degli anni Ottanta attraverso l’abbigliamento, lo stile di vita, la musica, elementi emblematici di differenti mentalità e classi sociali, quelle a cui appartengono i protagonisti: “preppies” eleganti e ossigenati da una parte, hipsters, punk e new romantic dall’altra. Molly Ringwald/Andie, con le sue mises in tutte le tonalità del rosa e le fantasie floreali, i cappelli e l’originale bigiotteria, è davvero un personaggio iconico, così come l’irresistibile Duckie, con la sua capigliatura DA (acconciatura a “duck’s arse”), le scarpe Brothel Creepers, le giacche vintage, le camicie fantasia e quel look tra il teddy boy e l’hipster che lo rendono memorabile.
Protagonista indiscussa è poi la musica. Partendo dal titolo, tratto da una hit degli Psychedelic Furs, l’abile Hughes scelse una sfilza di brani new-wave, alcuni dei quali scritti appositamente per il film, che rendono la soundtrack una delle migliori del decennio: Nik Kershaw, Echo and the Bunnymen, OMD, New Order, Smiths. Una chicca: Duckie, mentre immagina di dichiararsi alla fanciulla dei suoi sogni, canticchia “Love” di John Lennon! Merita una citazione il negozio di dischi Trax, in cui Andie lavora dopo la scuola, luogo davvero mitico. Una curiosità: se l’edificio della scuola frequentata dai tre protagonisti ha un aspetto familiare, sappiate che è lo stesso in cui fu girato Grease.
Alla fine, il triangolo dell’immagine dell’affiche si scompone, perché dopo il lieto fine tra “principessa” ed “eroe” si lascia presagire che anche il “falso eroe” farà un nuovo incontro, ma nella fantasia di molti ex adolescenti degli anni Ottanta, come la sottoscritta, Duckie resterà sempre il vincitore, in un finale alternativo in cui l’occhiceruleo Blane viene ricacciato nel mondo dorato degli yuppies, mentre gli hipster di tutto il mondo si uniscono e si rifugiano nei negozi di dischi e nei locali in cui si balla musica new wave fino al mattino. Because “Pink is the new black”.
Maria Macchia