Anno d’uscita: 1993
Sito web: https://en.wikipedia.org/wiki/Bone_Thugs-n-Harmony
L’Hip Hop, può essere associato al Punk per almeno due fattori fondamentali e rivoluzionari: la rottura musicale con il passato e l’attitudine “do it yourself”. In questa sede, dove il nostro “dovere” è quello di analizzare il comparto grafico, del genere Hip Hop prenderemo in esame il secondo punto.

Benché non si tratti di una reale produzione casalinga, come spesso capitava nel Punk, il risultato a volte si avvicina parecchio, se non superandolo (in peggio). Contrariamente a quello che potremmo pensare, il fai-da-te della cultura afro-americana nata nel South Bronx (New York), diede il suo massimo esempio di creatività e la sua massiva produttività all’inizio degli Anni ’90, non negli Anni’80; quindi alla reale nascita di quella cultura che prese il nome che conosciamo, benché le sue origini risalgono alla metà degli Anni’70. Tra i motivi che possono essere attribuiti alla questione c’è sicuramente un aumento esponenziale di rappers e beatmakers, quindi ad una minore copertura di etichette discografiche con chiare idee estetiche e commerciali, con ovviamente dei mezzi economici importanti.

Questa breve analisi quindi prenderà in esame alcune delle copertine più “strane” e tecnicamente discutibili dell’Hip Hop underground, con gruppi che poi hanno fatto la storia, alcuni anche una vera scalata commerciale (almeno in patria), degli Anni’90.

Parlando di fama, i Bone Thugs-n-Harmony di Cleveland (Ohio), da cui il titolo del breve saggio, sono l’esempio più lampante di ascesa, sia musicale che estetica. Con ancora il nome di B.O.N.E. Enterpri$e esce il loro primo lavoro di Bizzy, Layzie, Krayzie e Wish Bone , “Faces of Death” (Stoney Burke, 1993). Il disco, che soffre di un pesante approccio amatoriale nonostante il livello tecnico dei rappers già piuttosto alto, non gode di una copertina superiore al livello del suono, tutt’altro.
La fotografia dei quattro Bones, di Stephanie Griffin – inspiegabilmente deformata e mal tagliata – è sovrapposta all’artwork di Jason Bibb con un effetto surreale, assurdo e tradisce un altrettanto livello amatoriale e fanciullesco; di fatto i ragazzi erano a malapena maggiorenni. La cosa che manda fuori di testa è notare come con il remaster del disco, sempre per Stoney Burke Records, il risultato è, se possibile, più incredibile! Con il capolavoro “E. 1999 Eternal” (Ruthless, 1995), le cose andarono sicuramente meglio. Di fatto il fotografo è il veterano Dan Winters e l’etichetta è quella di Easy-E (NWA) e come si dice “il resto è storia”. Comunque a me la copertina, entrambe in realtà, ha sempre fatto impazzire!Dall’Ohio alla California il passo è breve e bisognerebbe aprire un intero capitolo sul fotografo Tommie Shorter, al suo genio e alla sua inventiva sopra le righe. Il classico fotomontaggio paradossale, tipico del gangsta rap e del southern rap, capace di far credere al proprio pubblico che Mc’s più o meno sconosciuti siano in possesso di ville da capogiro e macchine di lusso, vede il suo apice in “Still Subbin’” (Anderson, 1998) del rapper di Sacramento (California), Da’ K.A.T.
Le proporzioni “malamente” tra le auto, le abitazioni, i personaggi e l’ambiente circostante, rendono una situazione surreale in qualcosa di grottesco. Un altro esempio geniale arriva dal fotografo di Houston (Texas), Deron Neblett per il suo concittadino D of Trinity Garden Cartel (dal nome dello storico gruppo Trinity Garden Cartel).
La copertina di “Gone Done Changed” (Cartel, 1995) che vede il nostro appollaiato dinanzi ad una “Benz”, sarebbe anche ben riuscita se non fosse per l’improbabile parcheggio tra due colonne di un non precisato super-mega-parco di cui ci sono non pochi dubbi che sia realmente l’abitazione di D.

Quello che si evince scavando nelle profondità Hip Hop degli Anni ’90 è che il titolo di campioni del mondo in stranezze e grafiche goffe, è assolutamente detenuto dal gangsta rap californiano e ancor più dal tutta la scena del sud. Infatti, la cosiddetta “terza costa”, la sorella minore della West e East Coast, oltre ad essere stata l’ultima costa presa in considerazione non certo aiutata da un rap estremo ed aggressivo, è anche quella che ha sfornato le copertine più strambe e divertenti. I Southside Playaz ne sanno qualcosa!

Alberto Massaccesi