Si possono collezionare cimeli di uno stesso artista? Sì se l’amore per la sua musica è collegato anche alla passione per il collezionismo “autografato”! In un epoca come la nostra in cui le fotografie con le star sono diventate l’oggetto di condivisione più fruibile, è bello ricordare anche l’arte della firma, che autentica e legittima le Rock Star con il loro tratto calligrafico inconfondibile. Ci racconta la sua storia Fabio Rossi e di come sia riuscito a “rubare” agli artisti un tratto della loro arte.
Ciao Fabio, benvenuto su Art Over Covers, quando e perché hai iniziato a collezionare dischi?
Ho iniziato a collezionare album per amore della chitarra Shred, ovvero la chitarra suonata nello stile virtuoso tipico anni’80. All’epoca vi era un etichetta discografica, la Shrapnel, che pubblicava degli autentici mostri della sei corde. Quindi in un certo senso bastava comprare le riviste Metal dell’epoca e andare nella zona recensioni per vedere se ci fossero nuove uscite. Gli album comunque non si reperivano facilmente perché non ne venivano stampate molte copie, per questo spesso acquistavo anche da negozi tramite cataloghi che mi arrivavano per posta. A volte attendevo anche mesi per vedermi recapitare LP di un chitarrista. Oltre che a questa etichetta ve ne erano altre che saltuariamente pubblicavano qualche album solista, tipo ad esempio John Norum degli Europe ecc… ma diciamo che il 90% delle produzioni venivano da questa piccola label statunitense. Per capirsi, questa label è quella che ha lanciato Malmsteen, Marty Friedman dei Megadeth o Paul Gilbert dei Mr. Big, Richie Kotzen dei Poison. Successivamente allargai la collezione a tutti quei chitarristi virtuosi ma della scena rock fusion, quindi ripartendo da zero iniziai con Frank Gambale, Holdsworth ecc. e per ultimo siccome non mi accontentavo iniziai a girare l’Italia tra concerti, seminari e corsi di chitarra per farmi poi autografare i cd o i dischi che avevo.
Quanti dischi possiedi e come è composta la tua collezione?
Sono più o meno 300 pezzi divisi tra: album di chitarristi solisti, gruppi metal anni’80 e ultimamente mi sto dedicando al black metal.
Ti ricordi qual è il primo disco che hai acquistato?
Si, “Rising Force” di Malmsteen, mentre il mio primo CD fu quello di Jennifer Batten “As Above so Below”.
Tra i tuoi dischi c’è una copertina che prediligi artisticamente?
“Rising Force”, il primo album di Malmsteen, l’immagine del braccio che esce dalle fiamme con la Stratocaster, a mio avviso ha una forza evocativa incredibile , una sorta di Excalibur della sei corde.
Che importanza ha per te la copertina di un disco? Pensi che sia un elemento fondamentale per un disco avere una immagine accattivante?
Per me una bella cover ha un valore aggiunto per una band conosciuta, mentre per un artista ai primi album è indispensabile oggi avere una cover di impatto estetico, che piaccia o no è il packaging e nessuno andrebbe al supermercato per comprare anche un pacchetto di biscotti con una confezione orrenda e tirata via.
La copertina più strana che ti è capitata tra le mani e anche la più indecifrabile.
“Passion and Warfare” di Steve Vai, una copertina piena di simbolismo esoterico, quasi un percorso iniziatico nel mondo della sei corde.
Hai detto che sei un appassionato di autografi, come è iniziata questa tua predilezione?
Essendo chitarrista la cosa non era così difficile perché spesso questi musicisti passavano in Italia, o per motivi di sponsor da parte di una ditta di strumenti, o per concerto o per dei seminari, quando veniva un big a tenere un workshop mi iscrivevo, preparavo il materiale da autografare e partivo. Spesso nel caso di concerti toccava escogitare dei veri e propri agguati per beccare l’artista, spesso eludendo la sicurezza rischiando a volte anche di esser sbattuto fuori a calci nel sedere. Parlo Comunque degli anni’80-’90. Ho avuto quindi la fortuna di conoscere tanti grandi chitarristi: Petrucci, Gilbert, Steve Vai, Gambale, Steve Lukather, Allan Holldsworth, Shawn Lane, Al di Meola e Paco de Lucia, Kee Marcello, Michael Romeo e tanti altri.
Hai degli artisti preferiti dei quali possiedi molti dischi in varie versioni e molti cimeli?
Malmsteen, di lui ho varie edizioni e versioni dello stesso album.
C’è un vinile che stai cercando da tanto che brami ancora di reperire? O se ne hai uno che hai faticato moltissimo a trovare…
Sì, mi piacerebbe avere “Nuns Have no Fun” dei Mercyful Fate, possibilmente ad un prezzo onesto. Un disco che è stato piuttosto complicato da reperire è stato quello dei Racer X “Second Heat”. Nei primi anni dopo la pubblicazione risultava difficile da reperire (anno 1987), lo trovai per caso in un negozio a Parigi nel 1994!
E per quanto riguarda gli autografi, qual è stato il più difficile da “strappare” a un artista? Invece chi ti ricordi sia stato il più “collaborativo” con i propri fans?
Il più difficile: Al Di Meola con Paco De Lucia e John McLaughlin; riuscii a farmi autografare i biglietti da tutti e tre dopo il concerto… discutendo un po’ con il tizio della Security che non gli andava giù che avessi eluso i controlli sotto il suo naso! Il più collaborativo fu invece Scott Henderson che mi vide con largo anticipo fuori da teatro dove si sarebbe tenuto il concerto e mi invitò al bar del teatro, con mio stupore li c’era tutta la band Tribal Tech al completo e finì per stare assieme a loro. Un doveroso chiarimento: non mi è mai capitato di incontrare un musicista straniero scontroso, sono tutti molto disponibili e gentili con i fans. Idem io con loro mi presentavo molto educatamente quando chiedevo autografi ecc, insomma ho dei bellissimi ricordi!
Quanti saranno gli autografi che possiedi?
Non sono molti, più o meno sono una cinquantina e riguardano tutti i miei chitarristi preferiti, da Andy Timmons, Steve Vai a Kee Marcello fino a Paul Gilbert e John Petrucci. Poi ho un po’ di plettri ecc.ecc.
Con gli smartphone e le fotocamere digitali ora l’autografo si usa molto meno, secondo te è una pratica ormai tramontata? Pensi che abbia più valore la firma di un artista o una foto assieme?
Diciamo che oggi in qualche caso l’autografo ha perso di valore, nel senso che alcuni artisti vendono nei loro store le foto autografate o i plettri personalizzati. Basta un click, te ne stai seduto e attendi il corriere…. Non ho nulla contro queste cose però mi piaceva più come prima quando mi dovevo fare il mazzo per avere il mio trofeo. Poi ovviamente quando riuscivi ad avvicinare il tuo artista preferito inevitabilmente anche due parole si scambiavano ed era bello anche il contatto umano. Ricordo una volta in cui riuscii ad avvicinare Steve Lukather dei Toto nel momento in cui stava per salire sul palco per esibirsi con Lee Ritenour, io lo salutai e fu lui ad avvicinarsi a me e stringermi la mano, indimenticabile, meglio di mille autografi comprati in uno store on line!
Ai concerti sei riuscito anche a ottenere dei “cimeli” come set list o pletti/bacchette lanciati dal palco? Se sì di quali artisti?
Il plettro di Friedman dei Megadeth e quello di Michael Romeo dei Symphony X.
Lascio a te la conclusione per poter dire qualcosa che non è ancora stato detto!
Vorrei ringraziarvi per avermi dato la possibilità di parlare di questa mia piccola passione.