Anno d’uscita: 2019
Sito web: http:/www.facebook.com/JantAkaSatoshy
In questo caso è giusto dire che sono “spinto da una sensazione più che da un’idea sensata”, come quel pezzo lì dei Colle Der Fomento in “Scienza Doppia H” (Mandibola Records, 1999). Appena recuperato il disco digitale (pare sia l’unico formato) dei Satoshy & La Banda Balloon, aperto il file di copertina, ho subito avuto la sensazione di aver già visto un’idea, una geometria ed una forma simile. Non che sia così evidente ma quel mezzo busto aperto in due, di pietra, scolpito da Benedetto Ferraro esclusivamente per “L’Ignoto” (No Label, 2019), mi ricorda i due testoni di pietra degli “ultimi” Pink Floyd in “The Division Bell” (EMI, 1994). C’è ovviamente un altro fattore: in mezzo alle due simmetrie c’è qualcosa che unisce, o divide? Quello stesso vuoto anzi, quello stesso ignoto in lontananza nel mezzo dei testoni; abbiamo scoperto poi che è una cattedrale di una cittadina inglese. Dopo tutto questo giro di differenze più o meno forzate, arriva il genio inconsapevole di qualcuno che, sul web, accosta la copertina dei Floyd con quella di “Machine” (Interscope, 2018) degli Imagine Dragons.

Incredibilmente davvero più vicina a quella della giovane band calabrese nota come Satoshy & La Banda Balloon; ci sono pure dei fili che uniscono il volto metallico disgiunto anche se, per “L’Ignoto”, non sembra esserci unione tra le metà bensì il vuoto appunto, l’ignoto. Non avendo granché di informazioni sulla copertina in questione, proverò a tracciare una linea con quelle grafiche simmetriche e la loro unione, a quei volti o teste che racchiudono dei mondi più o meno ignoti.Partiamo dall’infinito che pare proprio essere infinitamente ignoto. Il medesimo autore della grafica di “The Division Bell” e fondatore della notoria Hipgnosis, Storm Thorgerson, insieme ai Dream Theater per “Falling Into Infinity” (EastWest, 1997), ci dice che siamo noi l’infinito. Ovunque guardiamo lontano vediamo un nostro simile. Cos’avrà di così speciale l’Uomo, cosa si cela nel suo profondo? Ho cercato così di aiutarmi con due dischi belli. Uno (guarda caso) sempre con Thorgerson alla grafica. “Headroom” (EMI, 1973) di Allan Clarke, ci mostra una stanza all’interno del volto, una stanza dove l’uomo armato di spolverino è intento a pulirla.
Quasi un invito alla presa di coscienza del nostro sé, del nostro essere profondo e alla sua cura da parte di noi stessi, dall’interno per l’interno. Solo così possiamo sperare, come disegna Shintaro Kago, di emanare luce dal nostro volto anche se, la copertina di “You’ re Dead!” (Warp, 2014) di Flying Lotus, non pare così invitante. Detto questo ci vuole una “2nd Opinion”(Nemperor, 1982), come il disco dei 4 Out of 5 Doctors.
Nella realtà non è una seconda opinione questa, ma un esame “profondo” de “L’Ignoto”. “chi sei, chi sono?” dice Satoshy nella titletrack. Una domanda che è alla base di un lavoro di ricerca interiore, di se stessi e dell’altro. Un continuo “perdersi per ritrovarsi” come diceva Deda dei Sangue Misto. Non a caso infatti qui parliamo di rap. Non a caso qui parliamo di Ignoto. Forse l’esame non era così “profondo”, bastano loro e la loro musica. Perdetevi. Noto ora rileggendo: i testoni dei Pink Floyd sono di pietra nell’edizione in musicassetta.
Alberto Massaccesi