Anno d’uscita: 1993
Sito web: http://www.defleppard.com/
I Def Leppard sono un gruppo musicale britannico formatosi nel 1977 presso la Tapton School di Sheffield, anche se agli inizi della loro carriera il nome era Atomic Mass. Dal 1992, la band è composta da Joe Elliott (voce solista), Rick Savage (basso), Rick Allen (batteria), Phil Collen (chitarre) e Vivian Campbell (chitarre). Questa è stata la formazione più duratura della band. Poco dopo si propose di modificare il nome in “Deaf Leopard” (leopardo sordo), venuto in mente mentre si modificava l’ortografia di Led Zeppelin. Tony Kenning, il percussionista, suggerì di storpiare il nome in “Def Leppard” in modo da renderlo meno simile a quello di una band punk.
“Retro Active” è l’album del gruppo pubblicato il 5 ottobre 1993 dalla Mercury Records; si tratta di una raccolta di lati B e tracce alternative, alcune delle quali ri-registrate e ri-arrangiate. La copertina del disco, realizzata dal designer canadese Hugh Syme, tra l’altro anche musicista (ha suonato infatti le tastiere in alcune canzoni dei Rush), raffigura una signora seduta ad un tavolino, mentre guarda ad uno specchio. L’immagine è sicuramente molto particolare ed intrigante perché, se vista da una certa distanza, assume la forma di un teschio; un’illusione ottica: la testa della donna forma l’occhio destro, il suo riflesso nello specchio forma quello sinistro, lo specchio stesso costituisce la forma del cranio, alcuni accessori sul tavolo formano il naso, le narici e i denti, mentre la tovaglietta sulla toilette forma la mandibola.
Tra le altre cose, “vanity”, in inglese, è anche il termine che indica quel mobile, la toilette, di fronte a cui le donne usavano un tempo specchiarsi e profumarsi. La cover è stata ispirata dall’opera più famosa del pittore statunitense Charles Allan Gilbert, “All Is Vanity” del 1892. Si tratta di un tipo di Arte Vanitas che, in pittura, è rappresentata da una natura morta con elementi simbolici allusivi al tema della caducità della vita; questo genere pittorico ha avuto il suo massimo sviluppo nel Seicento, soprattutto in Olanda. L’espressione latina “vanitas vanitatum”, (vanità delle vanità), tratta dalla Bibbia deriva da “vanus”, letteralmente “vuoto”, in ambito pittorico, ricorre nell’accezione di natura morta caratterizzata dalla presenza di oggetti che sono rappresentati come simboli che alludono all’inesorabilità del trascorrere del tempo e alla precarietà dell’esistenza. Si tratta di un’iconografia che invita ad abbandonare i piaceri e i desideri venali per occuparsi della salvezza eterna. Si usò parecchio questo stile nell’ambito pittorico soprattutto nel periodo che seguì alla guerra dei Trent’anni, in quanto il popolo era afflitto dalle carestie e dalle condizioni economiche disastrose che gravavano sull’intero continente e il verdetto della vanità cadeva più spesso su ciò che era il potere e sulla ricchezza.
Lo specchio e il teschio sono chiaramente simboli molto evidenti in questo artwork, abbinato poi alla figura della donna di alta borghesia. Lo specchio è rappresentato come simbolo della vanità e della superbia, come un luogo in cui avviene lo sdoppiamento tra il soggetto reale e la sua immagine ideale, come se fosse una porta magica tra il mondo della realtà ed un mondo immaginario. Il teschio, reso nella copertina in maniera decifrabile, è uno degli altri elementi caratteristici di tali composizioni di quadri, in quanto simbolo di morte; è utilizzato perché ricorda a chi lo guarda che i piaceri dei sensi possono distoglierci dalla meditazione e sul fine della vita umana, per ricordare quindi agli uomini che il tempo passa e si estingue. Altri dipinti dove lo specchio la fa da padrone, ma anche con l’aggiunta di un teschio, sono quelli di Bernardo Strozzi e Jacopo Ligozzi, ma ce ne sono molti altri, alcuni anche meno noti.
La luce è data dal centro dell’immagine, da ciò che è lo specchio, mentre tutto attorno è buio, non solo per contrastare e rendere più visibile la scena centrale, ma anche per evidenziare questo scontro tra vita e morte, tra povertà e ricchezza, tra appunto la vanità e ciò a cui può portare nell’animo umano. Questo gioco di elementi che ne creano un altro fa parte anche di altri artisti, ad esempio lo ritroviamo nella locandina del film “Il silenzio degli Innocenti” (di cui abbiamo recensito la locandina tempo fa: https://www.artovercovers.com/2017/05/05/silenzio-degli-innocenti/) tra l’altro particolare tratto dalla fotografia di Salvador Dalì In Voluptas Mors. Insomma, di certo un artwork ben studiato, dove il grafico ha fatto sicuramente una grande ricerca ed un tuffo nel passato.
Antonella “Aeglos” Astori