Anno d’uscita: 1985
Regia: George A. Romero
Siamo quasi alla chiusura della quadrilogia sugli zombie (o zombi) ed il suo creatore George A. Romero. Con il lungometraggio “Day of the dead” (“Il Giorno degli Zombi”) preceduto da “La Notte Dei Morti Viventi” del 1968 (https://www.artovercovers.com/2019/02/25/la-notte-dei-morti-viventi) “Dawn of the Dead”, 1978: (https://www.artovercovers.com/2019/04/10/lalba-dei-morti/) e “La Terra dei Morti Viventi” (“Land of the Dead” del 2005) si chiude la serie di quattro film dedicati ai non-morti. “Il Giorno degli Zombi” però viene percepito in realtà come il capitolo finale di una trilogia a sé da molti spettatori, perché viene mostrato il vero capolinea dell’umanità raccontato dal maestro fino ai giorni nostri, indubbiamente il paragrafo più crudele come intenti descritto dal regista stesso.
La locandina in esame si basa su un gioco di riproposizioni sempre più piccole o grandi della stessa figura ripetuta una sopra l’altra; un forte richiamo al “Velo di Maya” di Schopenauer. La sagoma dello zombie che è sempre più presente e minacciosa è il pericolo che si avvicina lentamente ma in modo perseverante, viceversa può essere letta come la caduta all’Inferno del genere umano.
La struttura circolare all’interno è di colore azzurro\blu tendente allo scuro e richiama ad un mondo chiuso e simbolicamente perfetto, al suo interno vediamo due prospettive diverse della stessa situazione. Nel merito della questione, viene mostrata l’inquietudine del sentirsi accerchiati o vivere una situazione percepita come pericolosa, che porterà a degenerare gli atteggiamenti di molti personaggi, con citazioni al fanatismo religioso, al nazismo con la segregazione razziale e gli esperimenti sugli ebrei, alla schiavitù, rappresentata con lo zombie che si avvicina progressivamente.
D’altro canto viene riproposto l’avanzare costante con aspetti sempre più mostruosi una rivoluzione sociale e politica, che deflagra le fondamenta non della società intesa come insieme di individui, ma nella sua neocultura basata su ruoli o immagini, non a caso le ambientazioni sono solo le città desolate e decadenti, che descrivono un presente post-apocalittico, dove ci sono scienziati cerca zombie per farne esperimenti, ed un bunker antiatomico diventato la base dove sopravvivere, simbolo di una gigantesca tomba grande decine chilometri, il proprio inferno personale e l’iconografia della propria paura materializzata.
In questa devastante opera che esplode solo nei minuti finali, percepiamo l’incalzare degli attriti, dove tutti sono nel giusto e nel torto al tempo stesso, generando nel finale sanguinario. In questo crescere di tensione e conflitti, vediamo rinascere la figura di una nuova umanità zombie, capace di provare sentimenti e consapevole e alla (ri)scoperta di sè, come un bambino rinato dotato di intelligenza ma incapace di esprimersi ancora in quanto deve reimparare da capo ogni cosa.
Questa nuova evoluzione degli zombie è impersonificata in Bub, che sembra proprio il soggetto sull’affiche, un ex militare diventato un non-morto, una sorta di ibrido e possibile ponte tra le due specie o le due realtà; lui è capace di provare amore, rispetto e fiducia nel professor Frenkenstein che gli fa da padre adottivo, poi verrà ucciso dal colonnello Rodhs, e sparerà con un arma al colonnello stesso poco dopo l’omicidio di suo padre, quando si ciberanno lui gli farà il saluto militare. Viene descritta una nuova umanità ancora combattuta tra un bene che cerca una sua primitiva consapevolezza sociale e un istinto di sopravvivenza primordiale.
In tutto ciò Romero ci mostra il lato onirico della paura o della salvezza in una sequenza breve all’inizio ed alla fine, non a caso la locandina con i disegni a che si dissolvono nel retrocedere possono richiamare l’immaginario dell’oasi simbolo di salvezza, amplificando idealmente il senso del dubbio e criticando le sicurezze simboliche in ogni campo dell’uomo.
L’angolo delle curiosità:
1: Esiste un recente reboot di questo film, fatto solo di sangue e morti che sbranano sconsigliato da vedere per chi è fan di Romero.
2: Lo scienziato chiamato Dottor Frenkenstein, è un omaggio non palese al romanzo di Shelley.
3: Il richiamo al quarto film della saga dove gli zombie stessi ampliano il concetto di Bub
4: Lo Star Child di Kubrick in 2001 Odissea nello spazio è ovvero Bub, la nuova umanità o l’anello mancante per unire il tutto nell’equilibrio. (Questo è stato un mio azzardo personale nato dalla visione delle opere di Romero).
Mirco “Nemo” Quartieri