Anno d’uscita: 2016
Regia: 
Olivier Assayas
“Personal Shopper”
di Olivier Assayas è un interrogativo che ogni tanto si rivela durante il giorno o prima del dormiveglia. Un film che ti avvolge nel mistero in cui vive. È una pellicola enigmatica e allo stesso tempo tremendamente affascinante per una costante mancanza di rivelazioni esplicite.

Rappresentare l’assenza in pellicola; “Personal Shopper” è un susseguirsi di vuoti a ripetizione, che enfatizzano una ricerca che perdura per tutto lo scorrere del lungometraggio. Maureen nella ricerca dello spirito del fratello morto, la ricerca di sé stessa, della propria identità sessuale e di una serenità che non riesce a trovare nel lavoro che svolge. Tutto quello che è rappresentato nell’immagine non le appartiene. Rappresentare l’assenza, in una foto.

Maureen. La casa in cui è seduta ormai sta passando di proprietà ad un’altra coppia, l’aura crepuscolare e scura che bussa da dietro le finestre è un presagio di chiusura, la notte che incombe e nella quale forse, solo forse uno spirito si rivelerà, ma il tempo si stringe, come il desiderio suo di trovare delle risposte. Le finestre sono tre sentinelle che sormontano lo sfondo e silenziose dettano l’incombenza dell’aurora tra pochi minuti.

Il vestito che indossa non è suo ma della sua datrice di lavoro Kyra assente anche lei emotivamente, tra le due infatti non c’è alcun dialogo costruttivo se non per ricevere ordini sui vestiti da comprare.
La poltrona indica l’attesa, la meditazione, La Stewart è molto spesso seduta nel film. Si siede per attendere l’arrivo del fantasma, si siede per attendere la consegna dei vestiti, è seduta sul treno che la porterà altrove, è seduta sul letto attendendo l’arrivo della misteriosa persona. Una vita fatta di attese e di spostamenti-non spostamenti inutili empaticamente, che la riportano sempre al punto di partenza del non essere e non sapere.
Tutto intorno alla locandina persiste un alone di ambiguità; l’azzurro dello spirito che in notturna avvolge la protagonista, rendendo cupo pure l’abito luccicante e alla moda che indossa. La tonalità bluastra è come una patina che copre la fotografia, come se si guardasse un oggetto nascosto in fondo al mare; ne prende il colore perché amalgamato e sommerso dai propri dubbi. Lei è sempre sola, il capo chino indica proprio la rassegnazione dell’essere una davanti a un mare di nulla che non porta a nessuna riva o liberazione.

La persona e l’anima che si addentrano fisicamente e sensibilmente in una villa vuota, dove non abita più nessuno, i ricordi sono l’aggancio della speranza di un ritrovamento. L’attesa nel silenzio delle tenebre osservando il buio dettato dall’oscurità che materializzerà forme, lontano dai brusii del giorno. Lei si sente nella propria intimità, in comunicazione con il proprio io che riesce a trasfigurare verso un aldilà.

Lo sguardo fisso della protagonista in tutte le sue sedute in “Personal Shopper” è sempre mirante verso il vuoto, verso un punto lontano. Gli occhi scrutano altrove, ma in questa locandina lei guarda verso il basso, accarezza quelle scarpe. È l’arrivo. Forse in un altro mondo finalmente suo.
Sara “Shifter” Pellucchi