“Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt” – Moby
Sito web: http://moby.com/
Nel frattempo, in un Universo parallelo papà toro sta leggendo assieme al suo figlio vitellino una storia, intitolata “Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt”: l’ultimo disco di Moby. È una frase tratta dal romanzo preferito dell’artista “Mattatoio nr.5” anche se diversamente da quello che fa sembrare il titolo, l’opera non si riferisce a macellazioni animali. “Mattatoio nr.5” è un libro che parla di guerra, del periodo dell’autore Kurt Vonnegut vissuto come prigioniero in Germania. L’immagine è un quadro dell’artista Matthew Grabelsky intitolata “Bedford Park” facente parte di una serie di dipinti raffiguranti animali antropomorfi dalle sembianze umane che si trovano in metropolitana. Conoscendo Moby e il suo attivismo vegano che personalmente stimo da vegetariana convinta, la copertina e il disco lasciano l’intento di condividere una serie di metafore che riconducono alla tutela dei diritti degli animali. L’artwork di “Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt” ha la funzione di far riflettere chi ne prende visione, nutre la speranza di un mondo dove animali e persone convivono pacificamente e nel quale la supremazia dell’uomo su questi esseri senzienti si è redenta, per la scelta di una convivenza di pari opportunità e diritti. Moby ha voluto esprimere la loro sensibilità e intelligenza attraverso questo fermo immagine; il diritto di poter avere una famiglia come l’abbiamo noi e l’affetto incondizionato da tutelare verso i nostri simili. Un sogno dunque a occhi aperti, espresso nelle tracce dell’album che come sempre urlano un chiaro disappunto verso le abitudini del mondo moderno formato da inquinamento, perverso potere e sfruttamento. Richard Melville Hall (vero nome del musicista), vuole mettere di fronte i propri ascoltatori ai fatti terribili derivati dalle nostre errate scelte di vita con una tenera copertina, che fa pensare e commuovere.
“Misery” – Amity Affliction
Sito web: http://www.theamityaffliction.net/
Ho conosciuto da poco questa metal-core band australiana, gli Amity Affliction cercando proprio le copertine del 2018, e sono rimasta letteralmente colpita dalla loro cover di “Misery”. È come se mi avesse invocato in un certo senso, perché mi ha rappresentato molto personalmente. Sono mesi infatti che mi sto battendo per sensibilizzare le persone contro il lancio dei palloncini in aria che inquinano e fanno dei danni devastanti all’ambiente. Partendo dal presupposto che questo palloncino a forma di cuore nero sia stato ben ancorato al suolo, devo dire che questa immagine è davvero bellissima. Se pur minimale riassume perfettamente il concetto del titolo (e in un certo senso ha un significato anche ecologico). Misery: miseria, solitudine, abbandono; un cuore che pulsa per sé stesso senza essere contraccambiato esprime solo molta tristezza. La parola “Misery” è scritta con un tratto libero e il suo inchiostro nero sembra nascere dalla cordicella che sostiene il gonfiabile appoggiato alla parete. La sua posizione lo fa apparire come una macchia nera dalla quale cola vernice dello stesso colore. Il nero senza luce è l’evocazione delle tenebre, un colore ctonio che si collega ai testi profondi di questa band che dietro allo screaming death fa celare sentimenti intensi e, il più delle volte, introspettivi. Cosa può esserci di più solo di un palloncino senza padrone? E se venisse lasciato volteggiare in aria vagherebbe senza meta, per finire sgonfio e sporco come immondizia. La solitudine involontaria avvelena tutto, come un palloncino che cadendo dal cielo finisce in mare.
“Eonian” – Dimmu Borgir
Sito web: https://www.dimmu-borgir.com/
Non è forse un caso che l’ultimo disco dei Dimmu Borgir, “Eonian” sia uscito esattamente otto anni dopo l’ultima release “Abrahadabra”. Gli otto anni di intervallo tra un disco e l’altro hanno creato una sorta di commemorazione grafica degna degli elogi da parte di nomi illustri come Gustav Dorè e Albrecht Dürer. L’artista che ha curato la realizzazione dell’immagine si chiama Zbigniew M. Bielak, famoso nella scena artistica metal per aver creato altre copertine, come quelle di Ghost, Deicide e Paradise Lost. La sua tecnica infatti richiama molto quella dell’incisione e ne esalta la maestria dei propri predecessori. “Eonian” è un surplus di richiami continuativi ed infiniti. Ridondanze di nascita, morte, rinascita e aldilà che si intercorrono l’una con l’altra. Il simbolo dell’infinito posto al centro della scena è un 8 che viene creato da un serpente uroboro, che indica continuità, senza nascita e senza fine. Alle sue estremità ci sono due corone tenute da due mani: l’infinità del proprio regno (o in questo caso della musica della band norvegese) che si espande tra oriente e occidente. In alto e in basso entrano dai due poli opposti altre due mani all’interno delle quali è presente l’occhio che tutto vede e tutto controlla. La costruzione posta sotto questi arti appare come un concetto dantesco; Paradiso e Inferno congiunti da un medaglione attorniato da serpi che ne delimita il centro, posto davanti a una clessidra con i propri mondi contrapposti. Il cerchio esterno chiude la scena, adornato da ali di pipistrello in alto e ali angeliche in basso. Che tutto questo cosmo simbolico non sia altro che l’opposto del nostro reale? Una sfera che ruota, e ruota ancora sfiorando le sponde dell’esistenza e dell’occulto.
Sara “Shifter” Pellucchi