“Cosmovore” – Ulthar
Sito web: https://www.facebook.com/pg/Ulthar
I Black/Death Metaller californiani Ulthar – gli appassionati di letteratura horror lo possono evincere già dal nome – si ispirano all’immaginario letterario di H. P. Lovecraft e al Ciclo di Cthulhu e sulla copertina del loro debutto “Cosmovore” troviamo rappresentato verosimilmente uno degli Dei Esterni, orrende entità immateriali e ultra-dimensionali dai poteri inimmaginabili. La più potente di queste divinità, il “cieco e idiota” Azathoth, siede al centro dell’universo “gorgogliando blasfemie” nel sonno ma, qualora dovesse svegliarsi, genererebbe distruzione ed orrore infinito per interi pianeti e galassie: la definizione di “cosmovoro” – un essere che si nutre di mondi – è molto adatta (anche il disco dei Revocation uscito quest’anno, “The Outer Ones”, è ispirato a partire dal titolo agli Dei Esterni e curiosamente in copertina presenta dei mostri che fagocitano cosmi e pianeti). È interessante il fatto che, in linea con questo neologismo tecnico, il mostro sull’artwork sia realizzato con una grande perizia grafica, quasi fosse l’illustrazione di un manuale scientifico… o forse del Necronomicon.
“Idol” – Horrendous
Sito web: https://horrendous.bandcamp.com
Gli americani Horrendous, con il loro quarto disco “Idol”, da un lato si riallacciano al Progressive Death Metal degli anni ’90 ispirandosi a pionieri quali Atheist, Death e Pestilence, dall’altro infondono il loro tocco personale al genere con apporti ora tecnici ora atmosferici e un songwriting intelligente e curatissimo. La copertina è dominata da ciò che dà il titolo all’album, l’idolo, ossia un oggetto che rappresenta una divinità o un’entità adorata attraverso di esso. In questo caso un idolo mostruoso, al quale presumibilmente verranno offerti sacrifici di sangue, tanto orrido da non avere nemmeno gli occhi. È da notare che tra le canzoni non c’è una titletrack e, tuttavia, una dei pezzi è intitolato “The Idolater”. L’idolatra è colui che adora l’idolo ma spesso non venera ciò che rappresenta ma l’oggetto in sé: una pratica (l’idolatria) più volte condannata nel corso della storia come frutto di cieca devozione non verso la divinità ma verso un’immagine o un manufatto che non hanno alcun potere se non quello di rappresentazione. L’assenza di occhi, dunque, si traduce nel parallelismo tra l’idolo e l’idolatra, entrambi vuoti e inanimati: il primo materialmente, il secondo nello spirito.
“Fire by the Silos” – Toska
Sito web: https://officialtoska.bandcamp.com/
Il trio strumentale di Brighton Toska si sta facendo strada come una delle realtà più interessanti della scena musicale contemporanea, con una proposta che ha le radici ben piantate nel Progressive Rock/Metal ma che presenta aperture Alternative, Ambient e Djent. Il loro debutto “Fire by the Silos”, pur trattandosi di un disco strumentale, presenta un concept nato da un’attenta osservazione dei cambiamenti economici e politici del mondo attuale e delle conseguenze che questi hanno sugli esseri umani, stando a quanto dice la stessa band. Il percorso che l’umanità si appresta a intraprendere sembra materializzarsi sull’artwork dell’album sotto forma di elementi figurativi e perfettamente riconoscibili ma che, accostati, suscitano nell’osservatore un senso di straniamento: il deserto accanto a prati verdi, torri elettriche, gruppi sparpagliati di persone, resti di una statua gigantesca (un braccio nella parte arida, in mezzo ai campi una testa dalla cui bocca si irradia un fascio di luce), un sentiero. Sulla sabbia ci sono delle impronte: sono le nostre? E se lo sono, da che parte stiamo andando?
Nik Shovel