“Master of Fate” – Ancestral
Anno di uscita: 2017
Sito web: http://www.ancestral.it/

Il conflitto tra le due potenze di Roma e Cartagine per il controllo del Mare Mediterraneo si estese su un arco temporale iniziato nel 264 a.C. e terminato nel 146 a.C. con la distruzione della seconda contendente. In questo periodo si alternarono fasi di scontro militare ed altre di “tregua armata”. Le tre fasi di guerra aperta presero il nome di “guerre puniche” (“Puni”, cioè “originari della Fenicia”, era infatti il termine con cui i Romani chiamavano gli avversari cartaginesi). Il primo periodo interessò il quarto di secolo tra il 264 a.C. e il 241 a.C. ed ebbe come campo di battaglia principale le coste e i mari della Sicilia. La Prima Guerra Punica si protrasse invece tra il 218 a.C. e il 202 a.C. per lo più sul suolo italico. La Terza durò dal 149 a.C. al 146 a.C. con l’assedio diretto alla città di Cartagine.

Ovviamente una serie di eventi di tale portata ha ispirato gli studi e la creatività di molti dotti e artisti, contemporanei o successivi ai fatti.

Il letterato latino Virgilio (70 a.C. 19 a.C.), ad esempio, fu largamente influenzato dalle vicende del conflitto nella stesura del suo capolavoro in poesia “Eneide”. Sorvolando sulle motivazioni reali alla base del contrasto tra le due potenze, il Poeta Mantovano inserì infatti gli avvenimenti in un fantasioso progetto “cosmico” voluto dagli Dei (“… questo filavano le Parche”; “Eneide” Libro Primo, 22) destinato a raggiungere il suo apice nel trionfo di Roma sotto l’impero di Augusto.

Lo storico greco Polibio (circa 210 a.C. 118 a.C.) seguì invece un approccio molto rigoroso alla narrazione dei fatti, con il fine di rintracciare i motivi per cui “quasi tutto il mondo abitato sia stato assoggettato e sia caduto in nemmeno cinquantatré anni interi sotto il dominio unico dei Romani…” (“Storie” Libro Primo, 5). Il periodo di  “cinquantatré anni” indicato dallo Storico Greco si riferisce alla fase compresa tra lo scoppio della Seconda Guerra Punica e la sconfitta nel 168 a.C. del re dei Macedoni Perseo da parte dei Romani: secondo Polibio è infatti in questo cinquantennio che si realizzò la svolta cruciale, con la necessaria premessa della Prima Guerra Punica e dei rancori che ne derivarono.
Soffermiamoci ora proprio sul primo conflitto tra Romani e Cartaginesi per trovare altri artisti, stavolta contemporanei, che ne sono stati ispirati e ne hanno offerto un’interpretazione. Si tratta della band power-speed metal siciliana Ancestral, formata nel 1999 a Castelvetrano-Selinunte, nella provincia di Trapani: l’immagine in apertura ritrae la copertina dell’album “Master of Fate” pubblicato dai cinque musicisti nel 2017.

Già da una prima occhiata all’illustrazione si può intuire come le tematiche del disco tocchino temi storici e mitici. Però, addentrandosi tra le canzoni e nel “concept” alla loro base, risalta chiara anche la suggestione che i luoghi di origine della band hanno impresso con il loro “peso storico” nella composizione dei brani e dei testi. Come detto in precedenza, è infatti proprio in Sicilia che si svolse la maggior parte delle battaglie della Prima Guerra Punica, e proprio al tema della guerra come presenza multiforme e costante nel percorso dell’umanità è dedicato l’album.

Le vicende della Prima Guerra Punica descritte dalla band diventano quindi lo specchio di una condizione apparentemente eterna in cui i singoli uomini sono ancora costretti a combattersi, come mossi da un istinto inestinguibile diretto alla supremazia: “un’antica maledizione”. Il concetto proposto dagli Ancestral è sicuramente fondato, ed è interessante come esso si possa accostare alla riflessione espressa da un altro siciliano, il poeta Premio Nobel Salvatore Quasimodo, nella lirica del 1946 “Uomo del mio Tempo”. Secondo Quasimodo l’uomo è infatti rimasto “quello della pietra e della fionda…”. Il poeta lo rivede dopo millenni ancora impegnato a uccidere (“Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte… dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura.”), sempre spinto dallo stesso desiderio ossessivo di predominio che dà il titolo alla sesta canzone di “Master of Fate”, e che nell’immagine di copertina assume le fattezze della figura colossale al centro della scena.

Cereo, scarno, tetro, il “Signore del Destino” si solleva dalle onde e soffoca con cupe fasce nere i luoghi dove il suo consiglio malevolo è seguito: in questo caso la Sicilia di ventitré secoli fa, identificata anche dalle colonne che ricordano i templi dorici di Selinunte. Il personaggio sembra sussurrare le parole della title-track: «However I am, I’m the ruler of fate and nothing will be the same. However I can, I can write on your book the life that I want for you… Wherever you are, my curse will remain.»

In queste parole è riassunta perfettamente la realtà storica dei fatti: a partire dall’insurrezione nel 289 a.C. dei mercenari Mamertini (“Figli di Marte”) che occuparono l’odierna Messina, passando per i vent’anni di incursioni di questi ultimi nei territori circostanti, fino alla controffensiva organizzata da re Ierone di Siracusa nel 270 a.C. per cancellarne la minaccia, il destino dei singoli uomini fu sconvolto dalla “maledizione”. E l’intervento militare di Cartagine prima, e di Roma poi, per approfittare della situazione di caos esplosa sull’isola, non fu che una prosecuzione di questo sconvolgimento: osserviamo allora di nuovo alcuni testi e l’immagine di copertina dell’album per trovare citazioni di luoghi che ne furono particolarmente coinvolti.

Nella canzone “Seven Months of Siege” è descritto l’assedio romano di Agrigento, dove i Cartaginesi radunarono secondo Polibio (“Storie” Libro Primo, 18) circa cinquantamila occupanti, tra la popolazione e i contingenti di mercenari Liguri, Celti e Iberi assoldati. La riuscita dell’assedio portò a uno spostamento del conflitto dalla terraferma, dove i Romani si dimostravano superiori, a battaglie navali come quella che concluse la guerra nel 241 a.C. al largo delle isole Egadi (di cui Egussa, cioè l’odierna Favignana, è ritratta alle spalle del “Signore del Destino”). Qui la flotta del console romano Lutazio Catulo, che presidiava i porti di Drepanum (l’odierna Trapani) e Lilybaeum (Lilibeo), si scontrò con la flotta cartaginese diretta a Eryx (Erice) e riportò la vittoria completa. A questo episodio è dedicata la seconda canzone del disco: “Wind of Egadi”.

Si può notare come dai testi delle canzoni citate, che indagano i pensieri dei combattenti, emerga costante la consapevolezza di una fine incombente, già sancita all’ombra del Destino («There’s no time, there’s no way… The end is coming, the end is so near… Is this the end of time?»). L’uomo intuisce il meccanismo crudele in cui è prigioniero, ma la riflessione è spazzata via dalla necessità di sopravvivere al momento, di combattere sulle triremi dotate dei micidiali pali uncinati di abbordaggio, o nei carrarmati citati da Quasimodo. O di nuovo con le pietre e le fionde.

Intanto la maledizione torna, sempre identica, come le onde delle Egadi percorse dalle flotte da guerra.
Paolo Crugnola