Anno di uscita: 1984
Regia:
Joe Dante

“Lei ha fatto con Mogwai quello che vostra società fa con tutti i doni di madre natura. Voi non potete capire, non siete ancora pronti.”

Diretto da Joe Dante e prodotto da Steven Spielberg “Gremlins” è un grande successo del regista che gioca con maestria tra l’horror e la commedia, unendo due stili differenti: nella locandina francese e quella alternativa americana, la struttura è nei dettagli che le compongono e come vanno ad incidere sulla storia del film.

Cominciamo dallo sfondo nero della prima, “Gremlins”, che avvolge simbolicamente in un cerchio immaginario tutto quello che circonda, spostando poi l’attenzione verso la scatola bianca: un colore che richiama all’innocenza; un regalo, in questo frangente, tenuto stretto e custodito con sicurezza dal protagonista. Da questa confezione escono delle zampine dello stesso tono, che richiamano a qualcosa di piccolo e tenero, il tutto però celato in un’oscurità che viene messa in risalto da questo forte contrasto.

Nella parte artistica del film è tutto ben raccontato, con collegamenti a varie sfumature sociali, etiche e di configurazione culturale. Il focus sull’involucro stesso ha molti connotati e simbolismi, apparentemente scollegati, ad esempio esso ci può trasmettere la sicurezza della routine, dei regali nelle feste comandate, simbolo dell’essere schiavi delle abitudini che non emozionano più, una certa idea di finta sicurezza, per giungere poi al mito del vaso di Pandora, con le conseguenze che verranno. Secondo il racconto della mitologia greca, lo scrigno era un dono fatto a Pandora da Zeus, con la sacra raccomandazione di non aprirlo. Pandora, non aspettò, liberando così tutti i mali del mondo, lasciando intrappolata sul fondo soltanto la speranza, che non riuscì ad allontanarsi prima di chiudersi nuovamente.

Il collegamento al film è perfettamente in linea con la sua trama. La scatola sarà proprio una fonte di allucinanti situazioni, tutte causate dalla negligenza dell’uomo. In merito alle sopracitate speculazioni sociali e non, bisogna entrare nel merito di molti casi; cominciando dalla più palese ricostruzione dello stile di vita consumistico ed arrivista americano, presente anche nella piccola cittadina del film sotto il periodo festivo, dove il caos regnerà mettendo in discussione tutto quanto a partire dall’aspetto della comunità, che non si mostra cosi coesa come nel tranquillo quotidiano.

La struttura spigolosa della custodia richiama ad una collettività chiusa come per proteggersi da ogni cosa, molto spesso emblema di immobilismo sociale, con la relativa credenza di vivere in una situazione idilliaca, che spesso racchiude i propri errori. Dietro la figura di Gizmo, ovvero il Mogwai che sta al suo interno, c’è il ragazzo che sarà il suo padrone.

La scatola può sembrare anche una prigione, una gabbia, che richiama la sperimentazione sugli animali e il fatto di regalare animali domestici senza essere consapevoli di cosa comporta la loro cura. Infatti quello che succederà è cosa nota, da lui nasceranno poi i Gremlins malvagi. Il riscontro immaginifico dei due poster si ritrova poi nel film, sottolineando la grande differenza tra le due creature che rappresentano il bene e il male.

Il Mogwai è prima della distorta mutazione, mentre con il termine Gremlin si intende quel mostriciattolo verde cattivo. In quello del primo lungometraggio è evidente il senso del bene e la consapevolezza di esso, in effetti il Mogwai Gizmo è buono, è un esserino innocente e soprattutto timido, paffuto e morbido. Nell’altro manifesto invece il Gremlin è spavaldo e sbruffone, la scatola ormai è stata aperta e quello che ne è fuoriuscito è fuori controllo.

Viscido e squamoso fuoriesce dal cartellone devastando completamente la carta e con una sorta di beffa espressa bene dal suo ghigno cancellerà le leggi fondamentali alla base della cura di quegli esserini che sono solo un ricordo. Non esporli alla luce forte.
Non bagnarli.
Non devono mangiare dopo la mezzanotte

Queste tre semplici leggi si rapportano al rispetto e all’equilibrio naturale che verrà violato dall’uomo credendosi un essere superiore, pagandone poi le conseguenze irreversibili, come il racconto greco citato prima. La disattenzione, la sottovalutazione delle regole porteranno a uno sconvolgimento pari a quello della storia di Pandora.

Ecco quindi che ritorna la presenza di madre natura, una frattura in essa che diventa la causa di qualcosa di negativo, come viene rappresentato dalle creature citate sopra.  Il tutto richiama alla scelta delle persone, al senso della riscoperta del collettivo che è alla base, dove si parla della perdita e della riscoperta dei valori per riuscire a rimediare a un errore. In un’immersione natalizia dove la pace regna, tra canzoni cantate a tema, improbabili possibilità di fare successo con invenzioni assurde, la vita viene spezzata dalla scoperta del Mogwai, una creatura che nasconde molti misteri, dalla quale nasceranno altri esseri viventi come i Gremlins, che semineranno morte e distruzione.

La storia di questa commedia horror comincia con il padre del protagonista che segue un ragazzino in una strada buia di Chinatown, dove scopre un negozio nascosto (simbolicamente ad occhio nudo), e qui comprerà Gizmo da un vecchio cinese. Il richiamo è molto forte alle atmosfere del film del genere, come lo slasher, certe inquadrature che citano il film di “Blob” del 1958, e ci sono citazioni comiche semiserie come quella dell’animaletto che scappa su una macchina giocattolo ricordandosi quello che ha visto in tv, l’omaggio ironico al canonico detective noir anni 50 “Femme Fatale”, in questo caso interpretata dai mutati Gremlins stessi.
La facilità di prendere facilmente i vizi, loro poi trasformati nella forma finale in un pub dove bevono alcool e fumano sigarette, finendo all’orrore anni ‘70 e ‘80, mostrando creature quasi immortali che continuano a vivere secondo la loro natura . Il gran finale mostra di cosa l’essere umano è capace, anche a fin di bene, a rovinare l’equilibrio delle cose.
Mirco Quartieri