I Nuclear Assault sono il gruppo che il bassista Dan Lilker ha fondato dopo aver lasciato gli Anthrax e, con questa premessa, è quasi inevitabile che il disco di debutto della sua nuova creatura presenti un sound orientato verso la velocità e la potenza del Thrash Metal; a questa base di partenza si aggiungono reminescenze dell’Heavy classico (alcune canzoni come “Sin” e “Vengeance” ricordano i Mötorhead con una voce ben più squillante) e pezzi dalla cortissima durata che anticipano il Grindcore (“My America” e soprattutto “Hang the Pope”), nonché l’utilizzo di chitarre acustiche per l’intro della conclusiva “Brain Death”.
Il basso di Lilker è sempre dominante e abbellisce con creativi e poderosi giri di basso canzoni che altrimenti sarebbero state solamente ordinarie nell’ambito Thrash. I testi delle canzoni, in piena coerenza con il genere, affrontano tematiche politiche e sociali ma si capisce già dal nome del gruppo che la principale preoccupazione di Lilker e soci è la (concreta) possibilità di una guerra nucleare.
La scena ritratta sulla copertina di “Game Over” è, effettivamente, una visione apocalittica: una devastante esplosione atomica colora di rosso fuoco una città i cui edifici vengono divorati dall’onda d’urto mentre i suoi abitanti tentano una vana e disperata fuga dall’Inferno in Terra. Ciò che illumina la ormai breve esistenza degli esseri umani non è più la tenue e bionda luce del sole ma il giallo acceso di un repentino bagliore di morte, la quale si palesa nel nero che attanaglia le tetre figure che si contorcono, non più uomini ma pallide ombre.
Il richiamo al disastro di Chernobyl è evidente: la catastrofica esplosione di un reattore della centrale nucleare in Ucraina, che causò migliaia di morti e di tumori, avvenne il 25 aprile 1986 ossia sette mesi prima del debutto discografico dei Nuclear Assault. Senza dubbio questo avvenimento fu un campanello di allarme sulle possibili conseguenze dell’uso improprio dell’energia atomica e molte band Metal ne furono sicuramente influenzate nell’immaginario visivo, sia nomi molto importanti (Megadeth, Sacred Reich, Death Angel, Brutal Truth e persino i Meshuggah nel loro primo disco) sia realtà più di nicchia (Atrophy, Toxik, Eviction), fino ad arrivare al caso limite degli stessi Nuclear Assault e della loro estetica totalmente votata alle conseguenze di un olocausto nucleare.
Tornando alla copertina si può fare un’osservazione sulle persone in fuga dall’incendio, ossia che per le movenze e l’aspetto potrebbero essere scambiati per dei morti viventi (ipotesi forse confermata dal mostruoso volto in primo piano sulla sinistra). A questo punto, anche se può sembrare fuori luogo, è necessario spendere due parole sul film “La Notte dei Morti Viventi” di George A. Romero, che ha introdotto gli ormai celeberrimi zombie (morti che tornano in vita e si cibano di carne umana).
Questa pellicola, uscita nel 1968, spesso è stata letta in chiave di protesta contro la guerra in Vietnam o, comunque, lo stile di vita americano (la storia è ambientata in Pennsylvania, roccaforte dei conservatori) ma il motivo per cui ha rivoluzionato il genere horror è un altro: fino ad allora i film dell’orrore erano ambientati in luoghi lontani ed esotici (si pensi a Dracula, al Golem o alla Mummia) e questo era rassicurante per lo spettatore, che sapeva di essere lontano dal pericolo; con Romero i mostri arrivano a casa, nella nostra quotidianità, ci piombano addosso mentre siamo a scuola, al lavoro, per strada.
Ora, questo è quello che accade con la Guerra Fredda. Non ci sono battaglie ma se il conflitto esplode tutti ne saranno coinvolti, senza alcune distinzione o pietà. Curiosamente “Game Over” è uscito nell’anno che è speculare a quello del film di Romero, ossia il 1986: una mera coincidenza forse, tuttavia abbastanza macabra da rammentare come nell’era moderna nessuno sia più al sicuro dalla lenta e irreversibile trasformazione in morti viventi.
Nik Shovel