“The Age of The Return” – Martiria
Anno di uscita: 2005
Sito Internet: http://www.martiria.com
Gira che ti rigira, il drago le busca sempre.
Dal mito degli Argonauti al poema anglo-sassone “Beowulf”, dal “Nibelunglied” a “Lo Hobbit”, il povero rettilaccio finisce sempre acciaccato, o peggio. E il libro dell’Apocalisse di San Giovanni non fa eccezione descrivendo come l’Arcangelo Michele abbatterà il drago – principio del male alla fine dei tempi.
Quest’ultima battaglia è proprio il soggetto del “San Michele” dipinto da Raffaello Sanzio nel biennio tra il 1503 e il 1504, e il quadro del Maestro di Urbino costituisce a sua volta l’immagine di copertina del disco “The Age of The Return”, composto dalla metal-band italiana “Martiria” nel 2005.
Perché Raffaello, così a proprio agio prima e dopo di questo episodio in soggetti delicati come le rappresentazioni della maternità di Maria, si cimentò in un tema marziale così insolito per il suo pennello? E perché la band “Martiria” l’ha adottato per il proprio album?
Per la prima domanda non abbiamo una risposta sicura: non ci sono infatti notizie anteriori al 1587 a proposito del quadro. Anzi: dei quadri; perché la tavola del “San Michele” costituiva in realtà, insieme al “San Giorgio e il Drago”, un dittico nella collezione del Duca di Urbino. La coppia di dipinti fu poi separata nel 1695 all’arrivo alla corte di Luigi XIV a Versailles, e ricongiunta nel 1785 al Museo del Louvre.
Però proprio il legame concettuale tra le due tavole, entrambe dedicate ad una figura religiosa combattente della Cristianità, ha aperto l’ipotesi che l’intento alla loro base fosse essenzialmente celebrativo. Una teoria riconosciuta è infatti che la committente di Raffaello fosse l’aristocratica Giovanna Feltria, figlia di Federico da Montefeltro, intenzionata a commemorare il conferimento dell’Ordine di San Michele al marito Giovanni e al figlio Francesco Maria nel 1503, nonché dell’Ordine inglese della Giarrettiera (per tradizione dedicato proprio a San Giorgio) al fratello Guidobaldo nel 1504.
Quest’ipotesi ha però la lacuna di non poter spiegare la presenza sullo sfondo del dipinto di citazioni dantesche nella composizione. Ritroviamo infatti a sinistra dell’Arcangelo una visione della Sesta Bolgia degli ipocriti, così descritti nel XXIII Canto dell’Inferno:
61 “Elli avean cappe con cappucci bassi
dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
che in Clugní per li monaci fassi.
Di fuor dorate son, sí ch’elli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto…”
Sempre sulla sinistra, più lontano, si distinguono le mura infuocate della città di Dite come rappresentate nell’VIII Canto dell’Inferno:
73 “… Ed ei mi disse: «Il foco etterno
ch’entro l’affoca le dimostra rosse,
come tu vedi in questo basso inferno».”
Da ultimo, a destra dell’Arcangelo, distante dai mostri contorti che forse rimandano a suggestioni di Bosch, è presente un gruppo di dannati tormentato da serpenti secondo il modello di questi versi di Dante, tratti dal Canto XXIV dell’Inferno:
82 “e vidivi entro terribile stipa
di serpenti, e di sí diversa mena…
91 Tra questa cruda e tristissima copia
corrëan genti nude e spaventate…”
Come detto precedentemente, le citazioni dantesche nella tavola minano ancor più le certezze riguardo il reale intento di Raffaello. Concentriamoci allora sul secondo quesito posto in apertura: perché la metal-band “Martiria“ ha adottato il “San Michele” per la copertina del proprio album?
A questo proposito teniamo intanto a mente alcune parole che evidentemente si associano in modo spontaneo al quadro: epica e sentimento religioso. Se tracciamo il percorso della band e analizziamo il disco “The Age of the Return”, le ritroveremo.
I “Martiria” si distinguono infatti per una peculiare idea di “metal epico”, che ha nell’analisi dell’essere umano, prima che del personaggio o dell’eroe, una costante immancabile. Nelle proprie canzoni, già a partire dal primo album “The Eternal Soul” del 2004 (ma la carriera della band risale addirittura ai tardi anni ’80), i “Martiria” non hanno mai proposto stereotipi facili e logori di temi eroici o storici. Basta a questo riguardo seguire la musica lenta e assorta che accompagna i dubbi e il rimorso crescente del re conquistatore nella canzone “Babylon Fire” tratta da “The Eternal Soul”: lo sguardo inquieto del condottiero sulle rovine in fiamme, che sfugge a scatti per non incontrare gli occhi dei prigionieri, è agli antipodi rispetto al modello di eroe ferreo ed inesorabile diffuso in altre interpretazioni della materia epica nel genere metal.
Anche l’aspetto religioso e spirituale è, come anticipato poche riga fa, una costante nella musica dei “Martiria”. Pur precisando che la band ha dichiarato di escludere per sé stessa la definizione di “white metal”, è comunque immediatamente visibile che numerosi temi affrontati dai “Martiria” rientrino in una concezione religiosa/cristiana. Un esempio è proprio l’album “The Age of the Return”, i cui testi traggono ispirazione dalla Bibbia. E questa scelta della band non è incoerente, se analizziamo la definizione di epica, cioè del genere letterario che narra le imprese eroiche di un personaggio o di un popolo in forma spesso poetica, o comunque solenne. Alla luce di questa definizione, infatti, la Bibbia è – anche – un libro di materia epica, specialmente nell’Antico Testamento. Un esempio di ciò si trova nella tragedia di Sansone raccontata nel Libro dei Giudici, cui è dedicata la canzone “Revenge” nell’album dei “Martiria”.
Quindi, così come l’album “The Age of The Return” rappresenta l’incontro spontaneo tra epica e spiritualità a livello tematico, allo stesso modo il “San Michele” di Raffaello in copertina lo rappresenta a livello figurativo e simbolico.
E dopo aver scorso i motivi “concettuali – generali”, vediamo in conclusione – ma non ultima per importanza – anche una ragione “specifica” che spiega il duello dell’Arcangelo sulla copertina. La canzone che chiude l’album, e cui dà il titolo, è proprio incentrata “sull’era del ritorno”: cioè sugli eventi al termine del libro dell’Apocalisse di San Giovanni, secondo cui il Regno di Dio tornerà sulla terra dopo un periodo di supremazia del principio del male. Uno dei segnali fondamentali di questo avvenimento sarà proprio lo scontro tra San Michele e il drago (Ap. 12,7).
Anche partendo dalla prospettiva “specifica” del testo, perciò, è difficile immaginare un’illustrazione più adatta del dipinto di Raffaello, una sintesi meglio riuscita per il conflitto in fondo più antico e più eterno…
“Angels at war, shaking the sky. Ages or seconds.” si chiede infatti una canzone dell’album…
Difficile dare una risposta.
Paolo Crugnola
Grazie per l’articolo, davvero molto interessante, per me specialmente nell’esame del quadro e nei dettagli sullo sfondo. Il culto dell’arcangelo Michele ha avuto un’immensa fortuna sin dalle origini, tanto è vero che Michele era molto venerato anche dal popolo longobardo che identificava in lui una delle divinità guerriere nordiche. Alla prossima!
Grazie, Cristina! E’ interessante questa notizia sul culto dei Longobardi per San Michele! In effetti ciò che colpisce di lui immediatamente è la sua figura di combattente; quindi i popoli “barbari” convertiti, improntati ad una religiosità pagana”guerriera”, trovavano in lui quanto di più affine ci fosse con la loro religione precedente. Azzarderei quindi che San Michele diventò una sorta di “anello di congiunzione”, di “passaggio” tra le religioni.
Grazie ancora per la tua visita! Alla prossima!