Art Over Covers, in collaborazione con il bellissimo sito Silenzio in Sala ha scelto per voi le migliori locandine del 2017. Qui di seguito è presentata una Top 10 con i relativi commenti stilistici riguardanti la scelta di questi poster cinematografici. A seguire, scoprirete tutte le altre, per un totale di 40 manifesti che secondo i nostri redattori hanno rappresentato al meglio l’immagine dei film usciti.

1. “The Shape Of Water”  Guillermo del Toro
Il pluripremiato film di Guillermo del Toro vince anche sull’immagine di presentazione. È una poesia fluttuante e tenera. L’immagine disegnata è opera dell’artista visuale James Jean, che ha realizzato anche il poster di “Madre!” nella versione pittorica. In questo manifesto ufficiale, la semplicità della composizione trasmette la più pura sensazione di affetto: un’apnea di amore che vola nell’acqua. L’anfibio diventa ancora più umano e la donna si stacca dal mondo materiale per volare con lui anche se dentro una vasca. Ma entrambi sembrano non curarsi più di ciò che li circonda. Come se fossero in un mare infinito. La scarpa rossa che perde dal piede è il chiaro segnale dell’abbandono delle futili cose che compongono il nostro mondo in superficie. Entrambi sono un tutt’uno, respirando abbracciati.
Sara “Shifter” Pellucchi

2. “IT (Chapter One)”  Andrés Muschietti
Nella locandina si sta molto attenti al fatto che l’occhio dello spettatore venga colpito subito dal giallo dell’impermeabile e dal rosso del palloncino, (dove s’intravede appena il viso pauroso del clown); elementi che riportano a dove tutto ha inizio, quasi si volesse usare del minimalismo, (già in uso negli anni sessanta). Processo artistico teso all’eliminazione di tutto ciò che viene percepito come non essenziale.  Anche senza vedere il titolo, quindi, questi elementi permettono a chi guarda il manifesto di capire subito che si tratta di IT. Questi due colori risultano essere ancora più a risalto dall’atmosfera nera e tetra tutta intorno, capace di incutere timore ed ansia, perché, ancora, il bambino non sa a cosa sta andando incontro; per lui è ancora solo un gioco. Ecco che quindi viene rappresentato l’equilibrio tra le singole paure insinuate nel profondo del nostro “io” e l’angoscia generale che si manifesta in maniera più estesa davanti all’ignoto.
Antonella Aeglos Astori

3. “The Square” – Ruben Östlund
La vera protagonista del film è lì: l’opera d’arte. Nel suo silenzio apparente sarà la costante della pellicola, attorno alla quale si svolgerà tutta la storia. Nella sua quiete e staticità racchiude in sé un profondo significato artistico che resta da cogliere ai soggetti che la stanno ammirando. Ecco Christian, il curatore del museo d’arte contemporanea di Stoccolma con le sue due figlie mentre che legge loro la didascalia dell’installazione The Square: “il quadrato è delimitato da un perimetro luminoso, all’interno del quale tutti hanno uguali diritti e doveri, un santuario di fiducia e altruismo”. La decisione di star fuori o dentro è ancora da prendere…
Sara “Shifter” Pellucchi

4. “Riccardo va all’Inferno” Roberta Torre
Roberta Torre è una scheggia impazzita del cinema italiano. Il suo ultimo film e la sua locandina ne sono la prova. Per invitarci a un musical-thriller con protagonista una potente famiglia della mala, il manifesto ci mostra un teschio con in capo una corona. Nelle orbite troviamo delle pillole di psicofarmaco e in basso delle fiamme naif. C’è un glaciale sapore di morte, attorniato da colori vivaci. L’immagine ci fa capire che nonostante lo sfarzo messo in mostra in vita, una volta finiti all’inferno si è semplici nudi scheletri come tutti gli altri.
Leonardo Marzorati

5. “Madre!” – Darren Aronofsky
Una coppia vive in una casa in mezzo ad una foresta, una vita apparentemente tranquilla, fino a quando arriva da loro uno sconosciuto, il quale viene ospitato dall’uomo della coppia senza però il consenso della moglie. Poco dopo verrà raggiunto dalla propria moglie nella casa e persino dai figli. Nella locandina appare quindi il titolo “Madre!” utilizzato dalla Bibbia come espediente narrativo per rappresentare il rapporto che esiste tra gli esseri umani e la Madre Terra (simboleggiata sul volto della donna con una crepa che si espande, cioè la fragilità espressa in un solo elemento). La narrazione fa anche uso di riferimenti biblici ed in particolare sul personaggio di Jennifer Lawrence che rappresenta appunto la Madre Terra. Javier Bardem, il cui personaggio è invece un poeta, rappresenta Dio, il creatore. L’immagine studia al meglio con colori perfetti e neutrali la luce e le ombre, dando un senso di profondità ai volti dei due personaggi. Lo sguardo della Lawrence rivolto verso l’alto richiama al fatto di guardare verso il cielo, trovare una risposta e una speranza nel Dio Creatore; non è un volto arrabbiato, ma bensì ancora pieno di sogni ed aspettative.
Antonella Aeglos Astori

6. “Monolith” Ivan Silvestrini
Pochi, osservando la locandina di “Monolith”, penserebbero a una pellicola italiana. Invece il film è un “on the road” sulle strade americane diretto dall’esordiente Ivan Silvestrini. L’immagine ci mostra le due protagoniste del film: l’affascinante Katrina Bowden di spalle e l’auto. Quest’ultima evince la sua pesantezza e malvagità, con tanto di logo disegnato sotto. Chi è il cattivo del film? La scura Monolith o la bionda Bowden, che impugna una grossa chiave inglese, quasi volesse colpire l’auto. Il segreto di questa bella locandina sta proprio nel film.
Leonardo Marzorati

7. “L’Uomo Di Neve”  Tomas Alfredson
Il pupazzo di neve, una delle creazioni più amate dai bambini, in questo film si trasforma in una minaccia di terrore e angoscia creata da macchie di sangue. Le tracce delle vittime per arrivare all’assassino in questo inquietante thriller sono enormi distese cremisi che risaltano sulla neve bianca. Un fotogramma prevalente e disturbante. Sul bianco tutto è evidente, specialmente il male che va in contrasto con il colore bianco. La macchia nel poster ha proprio la forma dell’incubo che corre sulla pellicola e che ne prende il titolo: l’uomo di neve. Scelta geniale e mirata per un lungometraggio che lascia il segno. Indelebile, che non si scioglie.
Sara “Shifter” Pellucchi

8. “Okja” – Bong Joon-ho.
Il manifesto, nella sua semplicità, rappresenta, in silhouette, il supermaiale, la sua padroncina Mija e la società moderna che irrompe nella vita reale, posta sopra la schiena dell’animale. Non a caso è stata messa in questa posizione e non per esempio dietro a Okja. Ciminiere, smog, esperimenti genetici sugli animali… Purtroppo una verità ormai che fa parte di tutti i giorni. Una locandina che sembra essere innocua per chi non conoscesse il film, molto bella soprattutto grazie allo studio delle luci e delle ombre; i colori così spenti voluti con un attento studio accentuano il maltrattamento degli animali nella società. Antonella Aeglos Astori

9. “Pieles”  Eduardo Casanova
“La pelle è superficiale, è il vestito dell’essere” diceva Raoul Ruiz e questa frase calza bene con il significato del film. Il manifesto è un grande tessuto cutaneo posto in orizzontale, come un tappeto, formato da tutti i particolari dei personaggi che con le loro deformità sono costrette a nascondersi dal mondo esterno. In un tempo odierno in cui l’immagine della perfezione è tutto, questo film scaverà in modo viscerale nelle psicologie di questi ragazzi e il loro continuo tormento per poter riuscire a trovare un posto in questo mondo che si basa solo sull’apparenza. Il poster è esplicito e già destabilizzante; un impatto emotivo diretto e senza filtri che coinvolgerà lo spettatore alla prima occhiata. Come un avvertimento.
Sara “Shifter” Pellucchi

10. “La Ruota delle Meraviglie” – Woody Allen
Ginny è un’ex attrice sulla quarantina che lavora come cameriera presso un modesto ristorante di pesce, situato in un grande parco giochi vicino alla costa dominato dalla ruota panoramica detta appunto “Wonder Wheel”. Da qui partono le vicissitudini di personaggi che non sono molto felici, a discapito del titolo dove si include la parola “meraviglie”. La ruota panoramica del poster e del film, è chiaramente una metafora usata in maniera ingegnosa, così com’è solito fare il regista Woody Allen. Nella vita le vicende girano, si collegano tra loro, si inseguono, niente avrà mai fine, ci sarà sempre una nuova storia, nel bene o nel male, elementi che vengono rappresentati dai due colori che s’intravedono dalla finestra. La luce chiara e calda per i bei momenti e la luce azzurra e fredda per i momenti difficili.
Antonella Aeglos Astori

…Se invece siete ulteriormente curiosi e volete sapere anche quali sono state le peggiori cliccate al link seguente di Silenzio in Sala: A casa tutti bene e gli altri fail del 2017: quando il poster cinematografico non funziona