Anno d’uscita: 2017
Sito web: http://www.redlightskyscraper.com/
“Still The Echo” è il primo album della promettente Band Senese Red Light Skyscraper “Still The Echo” pubblicato il 28 Ottobre 2017, a seguito del successo ottenuto con la campagna crowdfunding su Musicraiser. Registrato in presa diretta negli studi del “Virus Recording” di Siena e masterizzato a Londra nei famosi “Abbey Roads Studios” da cui uscirono personaggi musicali che tuttora fanno parte dell’iconografia musicale mondiale, “Still The Echo” rappresenta un primo traguardo importante per la band, dove il richiamo ad evidenti influenze musicali quali band come Mogwai e Explosions In The Sky si contrappone ad un’identità stilistica musicale ben definita ed individuale. In tutto il disco il protagonista è il suono, e dei sette pezzi di cui è composto ben cinque sono esclusivamente strumentali, dove solo chitarra e batteria riescono a sostenere -e non è affatto semplice! ndr.- l’interesse del pubblico per l’intera durata del disco, senza ricadere in composizioni scarne o poco appettibili. Il suono, o meglio “l’Echo” ci accompagna in un viaggio introspettivo, e come dichiarato dalla stessa band «l’obiettivo è quello di accompagnare l’ascoltatore in un viaggio alla ricerca delle più profonde sensazioni interiori, lasciando un ricordo, un eco che possa restare presente anche alla fine del disco». Insomma un post rock suonato a livelli eccelsi! L’artwork dell’album è stato realizzato da Sarah Regoli, architetto e specialista in grafica progettuale per l’editoria, e rappresenta uno dei suoi primi lavori realizzati per giovani band musicali. La copertina si presenta come una macchia di vernice su un fondo bianco, un getto di colori che si tramutano in un viaggio nel Cosmo, verso l’infinito e l’ignoto. L’immagine è stata ottenuta tramite sovrapposizioni artistiche di vari scatti e vari stili di macchie (inchiostro, fumo e tempere) su un’immagine reale di una parte di spazio; e i concetti che graficamente si vogliono riportare sono coerenti con lo stesso sound presente nell’album. La grafica a più livelli rende quindi l’immagine cosmica totalmente astratta, perché un cielo del genere è impossibile che possa esistere nella realtà, poiché le due nebulose sono troppo vicine fra loro e il potere di attrazione le distruggerebbe. Di primo acchito questa fotografia dello spazio potrebbe far pensare alle Pelaidi: il famoso ammasso di stelle che fa parte della costellazione del Toro. Astronomia che si fonde con l’astrologia e l’arte: collegare la più grande forma infinita che abbiamo sopra la testa a un qualcosa di completamente opposto a livello scientifico. L’arte figurativa infatti non rappresenta una verità ma la realtà: le reali emozioni del nostro inconscio e le sensazioni che prova chi osserva. Un foglio bianco su cui si disegna la meravigliosità dell’Universo; un concetto paradossale ma estremamente romantico e sognatore. Come se si volesse oltrepassare il limite della superficie terrena per portarla altrove, verso ciò che non si riesce nemmeno ad immaginare. Dove nemmeno l’eco (l’Echo, appunto) può essere udito perché i suoni nello spazio sono impossibili da sentire per il vuoto cosmico che circonda il tutto. Un “viaggio”, inteso come percorso interiore verso la scoperta di sè, come se la musica e le immagini potessero aprire uno squarcio nel tempo e nello spazio, verso una nuova dimensione, sempre diversa per ognuno di noi. Il contrasto dinamico dei suoni, dove i piani e i forti si trasformano in non-colori, rappresentati dal bianco e dal nero, che primeggiano nella grafica utilizzata nella cover. Il bianco ottico di fondo viene sporcato di colore e nettamente squarciato, per entrare in un nuovo “aldilà”. Un’apertura nella tela bianca, che rappresenta la terra e la razionalità, dove dietro di essa, ammassi stellari e nebulose si intrecciano in modo quasi ipnotico, in uno spazio dove il tempo perde il suo normale scorrere. Come se i famosi tagli di Lucio Fontana nei suoi concetti spaziali, realizzati dopo il primo viaggio sulla Luna, molti anni dopo si incontrassero con la grafica di questa band che forse inconsapevolmente ha elaborato lo stesso pensiero artistico del pittore: «Scoprire il Cosmo è scoprire una nuova dimensione. E’ scoprire l’Infinito. Così, bucando questa tela – che è la base di tutta la pittura – ho creato una dimensione infinita. Qualcosa che per me è la base di tutta l’arte contemporanea». La tela come il muro del suono nella musica, oltrepassato dalle melodie del disco.
Silvio Bellomo