Anno d’uscita: 2015
Regia: Stiles White
«Ouja, continua a credere che sia solo un gioco». Dal buio profondo emerge il viso di una donna, angelica e timorosa. Osserva qualcosa attraverso il foro di un oggetto: antico, dalla forma triangolare, ligneo dall’aspetto arcaico e misterioso, segnato dall’usura e dallo scorrere impassibile del tempo. Il suo sguardo confonde; cosa sta provando? Curiosità, incredulità, paura? L’unica certezza è che la nostra attenzione non potrà sottrarsi dal cercare queste risposte, spinta dall’innata voglia di sapere, dal desiderio di confrontarsi con ciò che non ci è consono e che non ci appartiene. Il nostro sguardo cade nel riflesso impresso nei suoi occhi, dove scorgiamo nel contorno di una finestra un’ombra indefinita…. le nostre paure forse?! E così, la sua incertezza diviene anche la nostra.

Tutte queste domande, questa voglia di saziare la curiosità non sono altro che un gioco, un terribile gioco; e il suo nome lo troviamo scritto proprio su quell’oggetto ligneo sorretto dalla donna. Una scritta rosso sangue, in caratteri grandi e ben leggibili: “Ouija”. La stessa viene sovrastata da un’altra frase, in caratteri più piccoli ma sempre ben leggibili, quasi ad invitare lo spettatore a prestare più attenzione ai dettagli, alle cose sottili “continua a credere che sia solo un gioco”, un avvertimento forse o semplicemente una provocazione utile ad innescare i nostri impulsi dettati dalla curiosità che portano a sottovalutare la prudenza?

Ouija non è altro che un gioco da tavolo, diffuso a macchia d’olio in tutti i salotti della fine dell’800, dove l’intento era la comunicazione diretta con entità sovrannaturali o trapassate. Ovviamente non è così, ma questo nuovo gioco aprì un nuovo mercato: lo spiritismo alla portata di tutti, il business della ricerca dei nostri cari defunti, la possibilità di trarre denaro dal dolore degli altri, il dolore del lutto di alcuni poteva trasformarsi in denaro per altri senza scrupoli. Il gioco continuò a diffondersi sempre più fino al 28 Maggio del 1980, quando entrò nel commercio dei giochi da tavolo, ottenendo un enorme successo che perdura fino ai giorni nostri, dove attualmente il trademark ufficiale appartiene alla nota ditta “Hasbro”. Quell’oggetto nella mano della donna non è altro che una “Planchette”, un’oggetto mistico ed occulto, che da solo può esser utilizzato come catalizzatore energetico per comunicazioni medianiche, o abbinato ad un tabellone (Ouija) diviene indicatore degli stessi messaggi inviati dalle entità.
Il gioco per intero è costituito da un tabellone in superficie piana e  ben levigata, sulla quale sono impressi i numeri dallo 0 al 9, tutte le lettere dell’alfabeto, un SI ed un NO (da cui deriva il suo nome proprio formato dalle parole “Oui” e “Ja”) e spesso altri simboli, il cui utilizzo è abbinato alla “Planchette”. Si racconta che l’energia passi attraverso le mani di tutti i partecipanti che poggiano sulla planchette, ed è proprio da questa energia che le entità prendono forma in parole e frasi che spesso hanno un senso per gli stessi partecipanti.
La scienza, in opposizione allo spiritismo ci illustra che questo meccanismo in realtà sia un effetto ideomotorio, ovvero un movimento umano inconscio suggerito dalla psiche, ma questa spiegazione non basta a spiegare gli innumerevoli racconti che emergono da centinaia di persone che tuttora sono convinti di aver ottenuto un reale contatto con il mondo invisibile. La pellicola racconta della vicenda di due ragazze che giocando alla “Ouija” non rispettano le regole del gioco ed una delle due muore impiccata. L’amica supersiste, combattuta da mille domande e mille dubbi sulla possibile responsabilità della tavola Ouija in questa morte cerca delle risposte; ed è proprio attraverso lo stesso gioco che Debbie e i suoi amici le cercheranno, ritrovandosi in contatto con un mondo di cui non conoscono l’esistenza e che dovranno affrontare.

Ci si ritrova in un classico del genere horror, vestito in stile anni ’90 come la stessa locandina si propone, dove il susseguirsi di situazioni inquietanti e spaventose ci conducono ad affrontare le nostre paure più nascoste. Un poster interessante sia dall’aspetto grafico che da quello psicologico. Ti lascia in sospeso, in attesa di definizione, coerente con la stessa pellicola che altro non fa che costruire nuovi dubbi nelle nostre certezze.

Di sicuro un film da vedere, che probabilmente non rappresenterà uno delle massime espressioni horror degli ultimi anni, ma presentato da un manifesto che sa penetrare la mente dello spettatore, attivando curiosità e interesse. Una locandina ben strutturata, seducente e diretta, che sa catturarti nonostante le caratteristiche che l’appartengono siano quelle da cui normalmente fuggiamo. Un tripudio emotivo dal quale difficilmente sarà possibile non rimanerne coinvolti.
Silvio Bellomo