1978.
Con “Halloween” di John Carpenter, facciamo la conoscenza del primo assassino seriale soprannaturale cui il “new horror” ha dato i natali (l’horror, cioè, che a partire dagli anni’70 puntò dritto al cuore della società, scardinando le sue incrollabili certezze: il mostro oramai era in mezzo a noi, dietro la porta di casa, in casa stessa o faceva parte di noi. Era la personificazione del rimosso, il ritorno come rigurgito di scomodi traumi che bisognava allontanare, soffocare senza esitazioni, in quanto spie di ferite profonde inferte al cuore della Nazione e alla sua gente). È Michael Myers, colui in grado di trascendere la propria natura umana, vulnerabile e mortale, per incarnare il Male Assoluto, inteso quale entità altra, suprema e fortissima, impossibile da estirpare dalla faccia della terra ed annientare definitivamente.«Le anime più oscure non sono quelle che scelgono di dimorare nell’inferno dell’abisso, ma quelle che scelgono di liberarsi dall’abisso e si aggirano silenziosamente tra di noi». Sono le parole dello psichiatra Samuel Loomis, il medico che seguì Michael dal giorno, precisamente nella notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre del 1963, in cui ancora bambino uccise la sorella adolescente accoltellandola innumerevoli volte. La notte precedente Halloween di 15 anni dopo, Michael fugge dalla struttura psichiatrica dove è praticamente cresciuto. La sua destinazione è la cittadina natale. Ritorna ad uccidere.
La locandina, essenziale e d’impatto, riprende i colori del nero e dell’arancio, gli stessi che caratterizzano la ricorrenza di Halloween (termine probabilmente nato dalla contrazione di All Hallows Eve ovvero Vigilia di Ognissanti), notte che nella tradizione celtica, in cui affonda le radici, coincideva con la fine dell’estate e quindi con la mietitura e il color arancio-dorato del grano maturo, e l’appropinquarsi del buio dell’inverno rappresentato dal nero che tutto inghiotte. L’immagine ben sintetizza l’intuizione a monte del film: nella notte di Halloween il malvagio (nella persona di Michael Myers) si materializza nella nostra dimensione terrena potendo, perciò, agire nel nostro mondo, aggirarsi per le nostre città, nei nostri tranquilli e sicuri quartieri residenziali, entrare nelle nostre vite razionali e mietere vittime, finendole violentemente.
Ecco, allora, che la zucca gialla – simbolo di tale festività nei paesi anglosassoni, opportunamente intagliata per assumere l’aspetto di una maschera orrorifera e solitamente collocata nel patio delle villette a schiera con all’interno una candela accesa al fine di spazzare via l’oscurità delle tenebre e con essa gli spiriti erranti dei morti – qui prende vita e, in linea con la natura eversiva del genere di paura, ribalta il suo significato d’origine trasformandosi in una creatura antropomorfa rigorosamente maligna.
Il bagliore della lanterna, la fiamma che arde vivida al suo interno paiono confermarne lo stato vigile e attivo. Sembra quasi che possegga un cuore (nero) da cui pulsa l’energia necessaria ad animarla e mantenerla in vita. E la mano fatta di carne, che affiora dal buio pesto cui appartiene, sottolinea il suo essere cosa concreta capace di intervenire nel nostro universo fatto anch’esso di carne, ossa e cartilagini.
L’espressione è cattiva e minacciosa, i denti aguzzi sono le terminazioni spigolose della sua scorza spessa e dura modellata come la sagoma di un volto e, a certificarne la predisposizione ostile, ci pensa quel coltellaccio dalla punta affilata che risalta nell’oscurità circostante, impugnato con decisione. Uno di quei coltelli da cucina, alleati fedeli di ogni casalinga americana, che garantiscono sempre un lavoro ben fatto e pulito. Come per sottolineare che il Male può ammazzare con efficace discrezione servendosi di armi da taglio di uso comune e di facile reperimento, e perfino uscire dal contesto circoscritto in cui è stato collocato per raggiungere simultaneamente ogni angolo della terra dove siano presenti delle zucche intagliate ed illuminate. Aumentando, così, di molto il senso di vulnerabilità che il singolo percepisce osservando l’immagine. Inoltre, la forma del coltello, replicando quella a spicchi della maschera di zucca, rende chiara l’idea che della zucca stessa sia il naturale prolungamento e, perciò, l’arma perfetta per portare a compimento il disegno assassino.
Il film, pietra miliare della cinematografia horror, influenzerà non poco l’immaginario comune (e non solo quello americano) arrivando a modificarlo irreversibilmente. Così, negli anni a venire e ancora oggi, nei giorni in cui cade Halloween, assieme al rinnovo dei suoi antichi rituali siamo portati a destinare più di un pensiero alla figura inumana – oscura enigmatica perturbante – di Michael Myers, ad associarla alla zucca gialla, evocatrice di scenari, soprattutto grazie a papà John Carpenter, non proprio più così rassicuranti. Ed il cinema, per le locandine dei successivi capitoli della saga come per le innumerevoli varianti alla scelta ufficiale, incluse le rivisitazioni fino ai manifesti ex novo per la versione operata dal feroce Rob Zombie (a distanza di 30 anni dall’originale) e al lancio del reboot previsto nell’imminente 2018, finirà con l’affiancare alla zucca gialla la maschera imperturbabile di Michael Myers quando non addirittura sostituirla, identificando nella sola icona dello spietato, impassibile serial killer la macabra notte di Ognissanti in cui il Male ritorna a muoversi letteralmente in mezzo a noi.….e nella versione non censurata
Antonella Liguori