Anno d’uscita: 1979
Sito web: https://en.wikipedia.org/wiki/Passion_(band)
Il sudore copioso del maschio tornato dal lavoro – dalla piantagione, dalla fabbrica – fu emblema del funk; fu natura del nome. Motore di passioni e libido incontenibile. Il sesso produce liquido ipotonico e ne viene attratto al contempo in un ciclo infinito. Fisicità quindi non escludibile in un genere che fa del corpo uno strumento, un portavoce della natura umana; sola genuina fonte di salvezza. Il funk è sincopato, lavora sui muscoli, strattonandoli, commutandoli in involontari, strappandogli il morso; come con i cavalli al galoppo. Passione dominante, come rivela la posizione dei due amanti, e dell’uomo in particolare: “It’s a man’s man’s man’s world” come recitava James Brown. “Non fermare il mio amore” dice la band ispanica di New York, come non si poteva fermare la musica del Paradise Garage, che fu vera Mecca per ragazzi di periferia e minoranze etniche che presero il ballo come sfonda-muri razziale. Vero è che l’immaginario funk non fu appannaggio della muscolarità maschile, anche se c’è chi, come mostrato nella copertina di “Wardell Piper” [Wardell Piper. 1979], fa domare ad un’amazzone afro un serpente – evidente simbolo di potenza fallica – con fauci spalancate, senza mostrare i denti, al contempo pericolosa ed adorabile (l’amazzone, non l’anaconda). Ma ritornando alla foto di Trudy Schlachter – mitica fotografa famosa per le copertine delle Musique – la passione non è testa, è corpo su corpo, senza andare per il sottile, premendo le mani sulla pelle, senza conservare energie; come non si conservano nella danza.
Alberto Massaccesi
“Passion” – Passion
